Encefalite virale - TBE
L'Encefalite da zecca: un'insidia che si può prevenire
APPROFONDIMENTI
Ministero della Salute
Al morso di zecca possono ricondursi varie forme morbose. Tra queste ha assunto rilevanza crescente nel corso degli anni la TBE (Tick-Borne Encephalitis), una malattia virale acuta de sistema nervoso centrale, conosciuta anche con i nomi di Encefalite da zecca, Encefalite centroeuropea, Encefalite russa primaverile-estiva, Meningo-encefalite difasica, Febbre difasica da latte, Malattia di Kumlinge, Malattia di Schneider.
Descritta per la prima volta nel 1920, se ne è isolato l'agente causale nel 1937, in Russia. Da allora la malattia è stata individuata in quasi tutti gli Stati europei.
La causa
Responsabile della TBE è un flavivirus, appartenente alla famiglia dei togavirus inclusi nel gruppo degli arbovirus o virus trasmessi da artropodi.
In natura il virus causale della TBE (noto anche con l'acronimo TBEV) può essere ospitato da vari mammiferi (sia selvatici, sia domestici), da roditori e da uccelli. Il parassitismo delle zecche nei confronti di questi animali rappresenta il principale veicolo di malattia. Infatti, pur essendo stata documentata la trasmissione del virus da parte di vari artropodi, è stato anche accertato che le zecche - in particolare l'Ixodes ricinus e l'Ixodes persulcatus, oltre che il Dermacentor (zecca del cane) e l'Haemaphysalis - rivestono il ruolo di maggior importanza nella diffusione della TBE nell'Europa centrale, agendo sia come vettori, sia come serbatoi d'infezione.
A conferma di questo ruolo vi è il caratteristico andamento stagionale della malattia, i cui picchi si registrano proprio nei mesi primaverili, estivi e di inizio autunno, corrispondenti al periodo di massima attività delle zecche.
Tuttavia, non va dimenticato che la trasmissione del patogeno può realizzarsi anche attraverso il latte proveniente da animali infetti (ovini e bovini), ma questa modalità di contagio è considerata alquanto marginale, poiché il TBE - Virus viene rapidamente inattivato dal calore ed è quindi sufficiente la semplice bollitura del latte per neutralizzarlo (72° per 10 secondi).
Le manifestazioni cliniche
L'Encefalite da zecca può esprimersi con quadri clinici estremamente vari, in ragione sia della virulenza del ceppo virale, sia delle difese immunitarie attivate dal singolo paziente.
In una percentuale stimata intorno all'80-90 % dei casi le persone contagiate non sviluppano alcun sintomo di malattia o presentano disturbi modesti (febbre).
L'elevata frequenza delle cosiddette infezioni inapparenti e delle forme subcliniche fa ritenere che, nel nostro Paese, la TBE abbia in realtà una diffusione maggiore di quanto non risulti ufficialmente.
Nelle forme clinicamente manifeste il decorso della malattia risulta tipicamente bifasico.
Dopo un periodo di incubazione clinicamente silente, che dura in media dai 7 ai 14 giorni, vi è la comparsa di febbre associata a sintomi simil-influenzali. La febbre, che solitamente si aggira attorno ai 38°C, può, in qualche caso, raggiungere anche i 40°C.
A questa prima fase, che si esaurisce nell'arco di una settimana, può seguire un periodo (fino a 20 giorni) afebbrile e privo di sintomi.
In circa il 10% dei casi fa seguito una seconda fase di malattia che esordisce con febbre elevata, associata a segni e sintomi di interessamento del sistema nervoso centrale che, in particolare nei bambini e negli adolescenti (60% dei casi), si esprime sotto forma di meningite e che negli adulti, soprattutto dopo i 40 anni, determina il coinvolgimento meningo-encefalico, con alterazione dello stato di coscienza, deficit sensitivi e motori (30% dei casi).
La prognosi della TBE è solitamente buona; il decorso risulta, in genere, migliore nei bambini e nei giovani, mentre al progredire dell'età si associano quadri clinici più impegnativi.
Sebbene i sintomi tendano a regredire nell’arco di pochi mesi la completa guarigione richiede un lungo periodo di convalescenza.
Sono tuttavia possibili danni permanenti a carico del sistema nervoso (6 - 46% dei casi) e, soprattutto qualora siano coinvolte persone anziane, la malattia può avere un decorso mortale ( 2-5% dei casi).
Poiché i sintomi della TBE risultano alquanto aspecifici il sospetto clinico necessita di conferma diagnostica attraverso test di laboratorio che consentono di porre diagnosi di malattia anche in caso di infezione asintomatica.
La prevenzione
Per l'Encefalite da zecche non esistono terapie specifiche.
L’arma più efficace per combattere l'infezione è di tipo preventivo ed è rappresentata dalla vaccinazione.
In base al principio che prevenire è meglio che curare, la vaccinazione è caldamente raccomandata a tutte le persone che vivono o frequentano aree dove la malattia è endemica. A livello europeo le nazioni con le più alte incidenze di infezione sono l'Austria, la Slovenia e la Croazia, la Svizzera e la Germania, oltre ai Paesi del nord, del centro e dell'est Europa. In Italia focolai di TBE sono segnalati in provincia di Trento e di Belluno; tuttavia è presente anche in altre realtà regionali, tra cui il Friuli Venezia Giulia.
Il vaccino utilizzato per la profilassi pre-esposizione prevede un ciclo di somministrazione articolato in tre dosi, inoculate per via intramuscolare nel braccio (preferibilmente in regione deltoidea). Alla somministrazione della dose iniziale fa seguito, a distanza di 1-3 mesi, una seconda dose, accompagnata da una terza dopo 9-12 mesi dalla originaria somministrazione; i richiami sono previsti a cadenza di 3-5 anni, in relazione all’età.
Il periodo migliore per avviare la vaccinazione è quello invernale, in modo da ottenere una efficace protezione nella stagione di massima attività delle zecche.
Il vaccino è controindicato nelle persone allergiche alle proteine delle uova o al thiomersal (conservante) e, come tutte le vaccinazioni, va effettuata in buone condizioni di salute.
Le misure comportamentali
Anche se il vaccino è un’arma efficace, nell’eventualità di escursioni, soste o lavoro nelle aree popolate dalle zecche è bene assumere alcune semplici ma importanti regole di comportamento volte a evitare il loro assalto.
A tal fine resta importante ricordare che le zone maggiormente "a rischio" sono quelle collocate ad altitudini non troppo elevate, caratterizzate dalla presenza di boschi cedui, con abbondante sottobosco e terreno ricco di humus, che favorisce il mantenimento dell'elevato tenore di umidità ambientale richiesto dalle zecche per il loro sviluppo. Particolare attenzione deve essere quindi riservata lungo i sentieri poco battuti e dove è maggiore la possibilità di presenza di fauna selvatica.
Nell'eventualità di permanenza o escursioni in aree infestate da zecche è consigliabile indossare indumenti di colore chiaro (per rendere evidente l'eventuale presenza dei parassiti) e in grado di coprire quanto più possibile il corpo. Sulle parti scoperte è indicato l'uso di repellenti a base di dietiltoluamide, diametilftalato, benzoato di benzile o di permetrina e di acaricidi. Inoltre si dovrà tener conto del periodo dell'anno che corrisponde alla maggior attività delle zecche (dalla primavera all'autunno inoltrato).
Un'ulteriore precauzione importante è la rimozione tempestiva degli eventuali parassiti, poiché le possibilità di trasmissione dell'infezione aumentano con il passare del tempo. Anche la frequente ispezione degli animali domestici rappresenta una fondamentale misura di profilassi, sia per limitare (quanto più possibile) che essi vengano a contatto con eventuali agenti patogeni veicolati dal morso di zecca, sia per evitare che essi possano introdurre zecche infette nell'ambiente domestico.
Prof. Maurizio Ruscio
Professore del Corso di Laurea in Biotecnologie Mediche e Diagnostiche
Dipartimento di Scienze Mediche, Chirurgiche e della Salute
Università degli Studi di Trieste
Presidente del Gruppo Italiano di Studio della Malattia di Lyme
Associazione Lyme Italia e coinfezioni:
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