Malattia di Lyme

Associazione Lyme Italia e Coinfezioni

Storie da malati di Lyme

Testimonianze:

chi vive la malattia di Lyme racconta

La Storia di Carlo

Malattia di Lyme

Remembering Carlo

Per oltre 20 anni Carlo è stato affetto dalla malattia di Lyme non diagnosticata.

 È stato invece curato per una malattia di cui non ha mai sofferto (il morbo di Crohn), nonostante i diversi controlli svolti nei migliori ospedali e nonostante lo scetticismo dei medici verso una diagnosi che presentava parecchie anomalie.

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Lottando con la malattia di Lyme tra buio e speranza

Malattia di Lyme

Sono Gabriele, un ragazzo di 31 anni, che dal febbraio 2013 ha visto progressivamente un cambiamento continuo della propria vita. Ho sempre goduto di una buona salute, un ragazzo pieno di impegni, passioni, dal carattere solare e con tanti sogni da realizzare. Una sera di febbraio del 2013, preso al volo da mio fratello prima che schiantassi a terra, per la prima volta nella mia vita hanno fatto irruzione le vertigini, durate alcuni giorni.

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La storia di Donata

Associazione Lyme Italia e Coinfezioni

Non so perché questa sera prendo la penna in mano e scrivo, forse perché non ho più voce...
Improvvisamente mi sono ritrovata in un tunnel senza uscite.
Ho scoperto di far parte di un mondo sommerso di cui non ero a conoscenza sei anni fa.
Una notte come tante dormivo tranquilla nel mio letto ... improvvisamente un dolore lancinante al ginocchio da togliermi il respiro.
Il morso di un maledetto tafano... è stato l'inizio del mio calvario.

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Storia di una caduta per immagini

Malattia di Lyme

di Paolo Maccallini

“Decidere di raccontare e di pubblicare il resoconto dettagliato della vita di un paziente, di mostrarne la vulnerabilità e la malattia, è una questione moralmente delicata, piena di pericoli di varia natura.”

Oliver Sacks

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13 anni di Lyme

Malattia di Lyme

Ho 35 anni, mi sono ammalata a 22, ho lottato con le unghie e con i denti, mi sono sentita sconfitta, a volte per mesi interi, ma ora sto meglio, forse non al 100%, ma riesco a condurre una vita normale ed é la sensazione più bella del mondo!

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Quando la malattia di Lyme persiste

Malattia di Lyme

È il 2017 e Marina è in aereo, durante un viaggio all’estero. A un certo punto, per caso, si accorge di questo puntino nero sulla pelle. All’inizio pensa sia un piccolo neo e lo fotografa: non si era mai accorta della sua esistenza fino a quel momento e chiede anche al compagno se lo avesse mai notato. Poi prova a toccarlo con le dita e dopo qualche minuto, ricontrollando, si accorge che il puntino nero non c’è più.

Bene, non era un nuovo neo.

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è un'organizzazione di Volontariato, Ente del Terzo Settore, costituita a Milano con atto notarile nel dicembre 2015, iscritta al Registro Unico Nazionale del Terzo Settore N. di Rep. 53963/2022.

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La storia di Carlo

Remembering Carlo

Per oltre 20 anni Carlo è stato affetto dalla malattia di Lyme non diagnosticata.

È stato invece curato per una malattia di cui non ha mai sofferto (il morbo di Crohn), nonostante i diversi controlli svolti nei migliori ospedali e nonostante lo scetticismo dei medici verso una diagnosi che presentava parecchie anomalie.

Malattia di Lyme

Dopo che il morbo di Crohn venne definitivamente escluso da uno dei migliori patologi italiani, un medico di origine israeliana/albanese fece infine la diagnosi di Malattia di Lyme. La diagnosi era stata confermata dal Prof. Giusto Trevisan, uno specialista italiano sulla Malattia di Lyme. Si era anche organizzato un appuntamento con il Dr. Richard I. Horowitz negli Stati Uniti. Purtroppo ormai era troppo tardi.

Una diagnosi precoce ed una semplice terapia antibiotica avrebbero risparmiato a Carlo 20 anni di dolore e gli avrebbero salvato la vita.

La famiglia di Carlo ha creato il sito internet rememberingcarloargenton.com non solo per celebrare la memoria di Carlo, ma anche per accrescere la consapevolezza su questa subdola, potenzialmente pericolosa e poco conosciuta malattia.

I famigliari invitano a visitare i siti delle varie associazioni per la Malattia di Lyme, quello dell’associazione Lyme Italia e Coinfezioni, quello dell'associazione Lyme disease americana per ottenere maggiori informazioni e per sostenere le rispettive attività.

WHY LYME DISEASE

Carlo suffered from an undiagnosed Lyme disease for over 20 years.

He was treated instead for a disease he never suffered from (Crohn) despite being checked several times in the best hospitals and despite doctors’ skepticism on the diagnosis due to several anomalies.

After the Crohn disease was definitely ruled out by one of the best Italian pathologist, the Lyme disease was finally diagnosed thanks to an Israeli/Albanian doctor. The diagnosis was further confirmed by Dr Giusto Trevisan, an Italian specialist on Lyme Disease. An appointment with Dr Richard Horowitz in New York was then arranged but unfortunately, it was too late.

 

La storia di Carlo

Remembering Carlo

Per oltre 20 anni Carlo è stato affetto dalla malattia di Lyme non diagnosticata.

È stato invece curato per una malattia di cui non ha mai sofferto (il morbo di Crohn), nonostante i diversi controlli svolti nei migliori ospedali e nonostante lo scetticismo dei medici verso una diagnosi che presentava parecchie anomalie.

Malattia di Lyme

Dopo che il morbo di Crohn venne definitivamente escluso da uno dei migliori patologi italiani, un medico di origine israeliana/albanese fece infine la diagnosi di Malattia di Lyme. La diagnosi era stata confermata dal Prof. Giusto Trevisan, uno specialista italiano sulla Malattia di Lyme. Si era anche organizzato un appuntamento con il Dr. Richard I. Horowitz negli Stati Uniti. Purtroppo ormai era troppo tardi.

Una diagnosi precoce ed una semplice terapia antibiotica avrebbero risparmiato a Carlo 20 anni di dolore e gli avrebbero salvato la vita.

La famiglia di Carlo ha creato il sito internet rememberingcarloargenton.com non solo per celebrare la memoria di Carlo, ma anche per accrescere la consapevolezza su questa subdola, potenzialmente pericolosa e poco conosciuta malattia.

I famigliari invitano a visitare i siti delle varie associazioni per la Malattia di Lyme, quello dell’associazione Lyme Italia e Coinfezioni, quello dell'associazione Lyme disease americana per ottenere maggiori informazioni e per sostenere le rispettive attività.

WHY LYME DISEASE

Carlo suffered from an undiagnosed Lyme disease for over 20 years.

He was treated instead for a disease he never suffered from (Crohn) despite being checked several times in the best hospitals and despite doctors’ skepticism on the diagnosis due to several anomalies.

After the Crohn disease was definitely ruled out by one of the best Italian pathologist, the Lyme disease was finally diagnosed thanks to an Israeli/Albanian doctor. The diagnosis was further confirmed by Dr Giusto Trevisan, an Italian specialist on Lyme Disease. An appointment with Dr Richard Horowitz in New York was then arranged but unfortunately, it was too late.

 

Lottando con la malattia di Lyme tra buio e speranza

Sono Gabriele, un ragazzo di 31 anni, che dal febbraio 2013 ha visto progressivamente un cambiamento continuo della propria vita. Ho sempre goduto di una buona salute, un ragazzo pieno di impegni, passioni, dal carattere solare e con tanti sogni da realizzare. Una sera di febbraio del 2013, preso al volo da mio fratello prima che schiantassi a terra, per la prima volta nella mia vita hanno fatto irruzione le vertigini, durate alcuni giorni.

 

Malattia di Lyme

 Da lì sono venute a bussare alla mia porta stanchezza progressiva e dolori articolari alla colonna vertebrale, alla zona lombare. Nei giorni a seguire ancora vertigini, ma all’inizio credevo fosse un semplice periodo di stanchezza. Vedendo che la situazione continuava a peggiorare, anche se lentamente, con la comparsa dei dolori muscolari, che di notte diventavano sempre più forti, ho chiesto aiuto al mio medico di base per capire la causa di tutti questi sintomi. Da qui è iniziato il mio lungo peregrinare alla scoperta di quello che internamente continuava ad impossessarsi del mio corpo, ma che nessuno riusciva a capire e diagnosticare. Tra valutazioni errate, sospetti sconfessati e tanta superficialità le mie condizioni continuavano a peggiorare.

Nel giro di un anno la stanchezza diventa sempre più evidente, rallentando il mio ritmo quotidiano, ed ecco che compare un nuovo sintomo: un deficit di forza muscolare del quadricipite destro. Così la mia quotidianità viene nuovamente rivoluzionata. All’improvviso non posso più piegare il ginocchio, salire o scendere le scale normalmente, riesco solo a strisciare la gamba con dei dolori allucinanti al muscolo quadricipite. Davanti a questo nuovo sintomo vengo indirizzato presso un grande ospedale della Capitale; vengono eseguite svariate indagini, dalle quali però non si riesce ad evincere la causa, allora per cui alla fine viene ipotizzato che la patologia sia di origine psicosomatica. Da qui in poi a farmi compagnia, oltre alla malattia, ci sarà anche questa ipotesi, che ha rallentato e reso ancora più difficile il mio percorso di guarigione. Per quanto sembrasse che lottassi contro i mulini a vento, come il personaggio di Cervantes, due certezze hanno abitato sempre il mio cuore: sarei riuscito a trovare la causa di tutti i miei problemi e, per quanto fosse difficile, non mi sarei arreso per nessun motivo. La forza del sorriso ha sempre accompagnato il mio cammino perché ho sempre creduto che ci sia del buono e del bello da valorizzare anche nelle difficoltà più grandi.

Nel luglio del 2014 compare un rush cutaneo eritematoso che in pochi giorni si estende su tutto il corpo e in giro di poco tempo evolve in un’infezione alla gamba destra che raggiunge la tibia, ma che con una terapia antibiotica riusciamo ad arginare. Questo è stato un sintomo molto importante per arrivare alla diagnosi, ma che, in quel momento, è stato sottovalutato dai dottori, ragion per cui ho perso tanto altro tempo prezioso.

Dopo un altro anno viene fuori un ulteriore importante sintomo: un deficit di forza muscolare del quadricipite sinistro. Lo stesso modo di presentarsi dell’anno prima: dolori allucinanti fino alle lacrime e l’unica gamba che mi permetteva un’autonomia negli spostamenti in casa ha deciso di mettersi a riposo. I primi giorni sono stati complessi ed è stato difficile accettare che quello che si stava impossessando del mio corpo continuasse a fare la sua strada indisturbato e io, senza armi, mi trovavo a combatterlo a mani nude. Con questo nuovo sintomo ho acquisito un’altra compagna nel mio percorso, la sedia a rotelle, perché niente poteva fermare la voglia di vivere e di esserci per le persone che mi amano e alle quali voglio bene. Nel corso di tre anni ho avuto sintomi cardiaci, che hanno richiesto una terapia di mantenimento; ho avuto interessamenti del diaframma, con problemi della respirazione e paralisi dei muscoli diaframmatici; una febbricola persistente; paralisi di alcune dita della mano sinistra; deficit di forza muscolare del braccio sinistro e paralisi di alcune dita della mano destra. In ultimo, nel corso dei peggioramenti, c’è stato un interessamento del sistema nervoso centrale con relativi problemi di confusione mentale, di articolazione della parola e del linguaggio. Dal punto di vista motorio ero completamente paralizzato, necessitando dell’aiuto della mia splendida famiglia per qualsiasi attività quotidiana, e a loro va il mio grazie perché hanno combattuto con me senza mai arrendersi.

Nel maggio 2017 ho avuto modo di conoscere la malattia di Lyme, attraverso la storia di un’amica da essa affetta. Dopo aver approfondito la conoscenza della malattia, ne ho parlato con il neurologo che mi seguiva, il quale mi ha spinto a seguire questa ipotesi con grande solerzia. Nel luglio del 2017 ho fatto una visita all’Ospedale di Trieste con il Professor Trevisan, che mi ha consigliato un day hospital per tutte le indagini ematiche e strumentali e la biopsia muscolare. Da qui è iniziata la svolta per la mia battaglia, nell’identificare la malattia e nel cercare di combatterla senza lasciarla libera di impossessarsi del mio corpo.

Il 5 settembre del 2017 sono arrivati gli esiti di tutte le indagini eseguite con la relativa diagnosi: “Neuroborreliosi”. Ricorderò per tutta la mia vita questo giorno e le lacrime che uscirono spontaneamente perché, finalmente, avevamo la diagnosi giusta dopo un percorso lungo, tutto in salita e così complesso. Seguito dal Prof. Trevisan e dal dottore responsabile del reparto di Medicina dell’ospedale del mio paese, ho iniziato la terapia antibiotica in endovena e poi per via orale. Ci sono stati dei piccolissimi miglioramenti, ma, appena ho terminato le terapie previste dal protocollo italiano, le mie condizioni cliniche sono tornate a peggiorare in modo sempre più evidente e veloce. Alla visita di controllo con il Prof. Trevisan, vedendo la complessità del mio caso e la gravità delle mie condizioni, mi è stato consigliato di recarmi in centri specializzati all’estero. Dopo essermi confrontato con un’amica che vive a New York, anche lei malata di Lyme e che si è curata seguendo un protocollo americano, ho deciso di intraprendere questa strada, l’unica possibilità che mi restava. Così a fine gennaio del 2018 la mia famiglia mi ha portato a New York per la visita e il day hospital con il prof. Raxlen, co-fondatore del protocollo ILADS. È stata una scelta difficile e importante, ma che poi si è rivelata fondamentale ed essenziale per il mio secondo tempo. Non è stato semplice affrontare tutto quello che richiedeva il mio recarmi a New York, per questo nuovo percorso di cura, dal punto di vista logistico, economico e burocratico. Davvero devo tutto alla mia famiglia, che ha investito gran parte dei risparmi per darmi questa possibilità, perché non mi hanno mai lasciato solo in questo percorso e hanno creduto fortemente con me in questo protocollo. Con tutte le risorse e le loro energie mi hanno donato la vita una seconda volta.

Sono stati eseguiti esami ematici per individuare tutte le coinfezioni e fatte tutte le visite al fine di capire il mio stato clinico per comprendere con quale terapia proseguire. All’arrivo degli esiti delle indagini, il professore mi ha prescritto la terapia con la combinazione di 5 antibiotici, di cui alcuni in endovena e tutta una serie di integratori fondamentali per la terapia. Ho potuto sostenere la terapia in Italia, ma con controlli semestrali in USA. Un altro mio grazie va a tutti coloro che hanno permesso che questo potesse realizzarsi: medici e personale sanitario. È stata una terapia lunga, due anni e mezzo, faticosa per le famose reazioni di Jarish-Herxheimer, ma che lentamente, passo dopo passo, ha dato risultati inaspettati e sorprendenti. Con tanto impegno, perseveranza, tanta idrochinesiterapia e fisioterapia il mio corpo è stato ripulito dalla numerosa popolazione batterica e ora la malattia è in remissione.

Questa malattia, come tante altre, ha bisogno di essere studiata, riconosciuta e combattuta anche nella forma cronica, perché tante volte viene sminuita. Purtroppo non tutti hanno la grande fortuna di potersi recare all’estero. La nascita di un centro dove il sistema sanitario nazionale s’impegni a fare ricerca rappresenterebbe la svolta, dove sia possibile fare protocolli innovativi e dove il paziente Lyme venga preso in carico in tutta la sua complessità di sintomi e disabilità.

La vita è stata imprevedibile, sorprendente e meravigliosa; in questo mio secondo tempo, nuovamente autonomo, posso affermare che questa malattia rara rappresenta una sfida per noi malati di Lyme, per le nostre famiglie e per tutta la Sanità. È una dura battaglia, che ti stravolge la vita, ma la corsa del batterio si può arrestare e vincere la battaglia in qualche modo. La mia storia ne è la testimonianza.

 

Lottando con la malattia di Lyme tra buio e speranza

Sono Gabriele, un ragazzo di 31 anni, che dal febbraio 2013 ha visto progressivamente un cambiamento continuo della propria vita. Ho sempre goduto di una buona salute, un ragazzo pieno di impegni, passioni, dal carattere solare e con tanti sogni da realizzare. Una sera di febbraio del 2013, preso al volo da mio fratello prima che schiantassi a terra, per la prima volta nella mia vita hanno fatto irruzione le vertigini, durate alcuni giorni.

 

Malattia di Lyme

 Da lì sono venute a bussare alla mia porta stanchezza progressiva e dolori articolari alla colonna vertebrale, alla zona lombare. Nei giorni a seguire ancora vertigini, ma all’inizio credevo fosse un semplice periodo di stanchezza. Vedendo che la situazione continuava a peggiorare, anche se lentamente, con la comparsa dei dolori muscolari, che di notte diventavano sempre più forti, ho chiesto aiuto al mio medico di base per capire la causa di tutti questi sintomi. Da qui è iniziato il mio lungo peregrinare alla scoperta di quello che internamente continuava ad impossessarsi del mio corpo, ma che nessuno riusciva a capire e diagnosticare. Tra valutazioni errate, sospetti sconfessati e tanta superficialità le mie condizioni continuavano a peggiorare.

Nel giro di un anno la stanchezza diventa sempre più evidente, rallentando il mio ritmo quotidiano, ed ecco che compare un nuovo sintomo: un deficit di forza muscolare del quadricipite destro. Così la mia quotidianità viene nuovamente rivoluzionata. All’improvviso non posso più piegare il ginocchio, salire o scendere le scale normalmente, riesco solo a strisciare la gamba con dei dolori allucinanti al muscolo quadricipite. Davanti a questo nuovo sintomo vengo indirizzato presso un grande ospedale della Capitale; vengono eseguite svariate indagini, dalle quali però non si riesce ad evincere la causa, allora per cui alla fine viene ipotizzato che la patologia sia di origine psicosomatica. Da qui in poi a farmi compagnia, oltre alla malattia, ci sarà anche questa ipotesi, che ha rallentato e reso ancora più difficile il mio percorso di guarigione. Per quanto sembrasse che lottassi contro i mulini a vento, come il personaggio di Cervantes, due certezze hanno abitato sempre il mio cuore: sarei riuscito a trovare la causa di tutti i miei problemi e, per quanto fosse difficile, non mi sarei arreso per nessun motivo. La forza del sorriso ha sempre accompagnato il mio cammino perché ho sempre creduto che ci sia del buono e del bello da valorizzare anche nelle difficoltà più grandi.

Nel luglio del 2014 compare un rush cutaneo eritematoso che in pochi giorni si estende su tutto il corpo e in giro di poco tempo evolve in un’infezione alla gamba destra che raggiunge la tibia, ma che con una terapia antibiotica riusciamo ad arginare. Questo è stato un sintomo molto importante per arrivare alla diagnosi, ma che, in quel momento, è stato sottovalutato dai dottori, ragion per cui ho perso tanto altro tempo prezioso.

Dopo un altro anno viene fuori un ulteriore importante sintomo: un deficit di forza muscolare del quadricipite sinistro. Lo stesso modo di presentarsi dell’anno prima: dolori allucinanti fino alle lacrime e l’unica gamba che mi permetteva un’autonomia negli spostamenti in casa ha deciso di mettersi a riposo. I primi giorni sono stati complessi ed è stato difficile accettare che quello che si stava impossessando del mio corpo continuasse a fare la sua strada indisturbato e io, senza armi, mi trovavo a combatterlo a mani nude. Con questo nuovo sintomo ho acquisito un’altra compagna nel mio percorso, la sedia a rotelle, perché niente poteva fermare la voglia di vivere e di esserci per le persone che mi amano e alle quali voglio bene. Nel corso di tre anni ho avuto sintomi cardiaci, che hanno richiesto una terapia di mantenimento; ho avuto interessamenti del diaframma, con problemi della respirazione e paralisi dei muscoli diaframmatici; una febbricola persistente; paralisi di alcune dita della mano sinistra; deficit di forza muscolare del braccio sinistro e paralisi di alcune dita della mano destra. In ultimo, nel corso dei peggioramenti, c’è stato un interessamento del sistema nervoso centrale con relativi problemi di confusione mentale, di articolazione della parola e del linguaggio. Dal punto di vista motorio ero completamente paralizzato, necessitando dell’aiuto della mia splendida famiglia per qualsiasi attività quotidiana, e a loro va il mio grazie perché hanno combattuto con me senza mai arrendersi.

Nel maggio 2017 ho avuto modo di conoscere la malattia di Lyme, attraverso la storia di un’amica da essa affetta. Dopo aver approfondito la conoscenza della malattia, ne ho parlato con il neurologo che mi seguiva, il quale mi ha spinto a seguire questa ipotesi con grande solerzia. Nel luglio del 2017 ho fatto una visita all’Ospedale di Trieste con il Professor Trevisan, che mi ha consigliato un day hospital per tutte le indagini ematiche e strumentali e la biopsia muscolare. Da qui è iniziata la svolta per la mia battaglia, nell’identificare la malattia e nel cercare di combatterla senza lasciarla libera di impossessarsi del mio corpo.

Il 5 settembre del 2017 sono arrivati gli esiti di tutte le indagini eseguite con la relativa diagnosi: “Neuroborreliosi”. Ricorderò per tutta la mia vita questo giorno e le lacrime che uscirono spontaneamente perché, finalmente, avevamo la diagnosi giusta dopo un percorso lungo, tutto in salita e così complesso. Seguito dal Prof. Trevisan e dal dottore responsabile del reparto di Medicina dell’ospedale del mio paese, ho iniziato la terapia antibiotica in endovena e poi per via orale. Ci sono stati dei piccolissimi miglioramenti, ma, appena ho terminato le terapie previste dal protocollo italiano, le mie condizioni cliniche sono tornate a peggiorare in modo sempre più evidente e veloce. Alla visita di controllo con il Prof. Trevisan, vedendo la complessità del mio caso e la gravità delle mie condizioni, mi è stato consigliato di recarmi in centri specializzati all’estero. Dopo essermi confrontato con un’amica che vive a New York, anche lei malata di Lyme e che si è curata seguendo un protocollo americano, ho deciso di intraprendere questa strada, l’unica possibilità che mi restava. Così a fine gennaio del 2018 la mia famiglia mi ha portato a New York per la visita e il day hospital con il prof. Raxlen, co-fondatore del protocollo ILADS. È stata una scelta difficile e importante, ma che poi si è rivelata fondamentale ed essenziale per il mio secondo tempo. Non è stato semplice affrontare tutto quello che richiedeva il mio recarmi a New York, per questo nuovo percorso di cura, dal punto di vista logistico, economico e burocratico. Davvero devo tutto alla mia famiglia, che ha investito gran parte dei risparmi per darmi questa possibilità, perché non mi hanno mai lasciato solo in questo percorso e hanno creduto fortemente con me in questo protocollo. Con tutte le risorse e le loro energie mi hanno donato la vita una seconda volta.

Sono stati eseguiti esami ematici per individuare tutte le coinfezioni e fatte tutte le visite al fine di capire il mio stato clinico per comprendere con quale terapia proseguire. All’arrivo degli esiti delle indagini, il professore mi ha prescritto la terapia con la combinazione di 5 antibiotici, di cui alcuni in endovena e tutta una serie di integratori fondamentali per la terapia. Ho potuto sostenere la terapia in Italia, ma con controlli semestrali in USA. Un altro mio grazie va a tutti coloro che hanno permesso che questo potesse realizzarsi: medici e personale sanitario. È stata una terapia lunga, due anni e mezzo, faticosa per le famose reazioni di Jarish-Herxheimer, ma che lentamente, passo dopo passo, ha dato risultati inaspettati e sorprendenti. Con tanto impegno, perseveranza, tanta idrochinesiterapia e fisioterapia il mio corpo è stato ripulito dalla numerosa popolazione batterica e ora la malattia è in remissione.

Questa malattia, come tante altre, ha bisogno di essere studiata, riconosciuta e combattuta anche nella forma cronica, perché tante volte viene sminuita. Purtroppo non tutti hanno la grande fortuna di potersi recare all’estero. La nascita di un centro dove il sistema sanitario nazionale s’impegni a fare ricerca rappresenterebbe la svolta, dove sia possibile fare protocolli innovativi e dove il paziente Lyme venga preso in carico in tutta la sua complessità di sintomi e disabilità.

La vita è stata imprevedibile, sorprendente e meravigliosa; in questo mio secondo tempo, nuovamente autonomo, posso affermare che questa malattia rara rappresenta una sfida per noi malati di Lyme, per le nostre famiglie e per tutta la Sanità. È una dura battaglia, che ti stravolge la vita, ma la corsa del batterio si può arrestare e vincere la battaglia in qualche modo. La mia storia ne è la testimonianza.

 

La storia di Donata

Non so perché questa sera prendo la penna in mano e scrivo, forse perché non ho più voce...
Improvvisamente mi sono ritrovata in un tunnel senza uscite.
Ho scoperto di far parte di un mondo sommerso di cui non ero a conoscenza sei anni fa.
Una notte come tante dormivo tranquilla nel mio letto ... improvvisamente un dolore lancinante al ginocchio da togliermi il respiro.
Il morso di un maledetto tafano.

È stato l'inizio del mio calvario.

Malattia di Lyme

Questo in primavera... Era autunno quando iniziai a sentirmi demotivata e stanca... Riflettevo su questo stato d'essere e tutto tornava perché avevo passato anni a elaborare un lutto importante, la perdita di mio marito e poi il senso del dovere, continuare a crescere mio figlio che a 18 anni si era ritrovato senza l'appoggio più importante... suo padre.
Poi i sintomi sono cambiati. Comparivano punti rossi come punture di zanzare che nell'arco della giornata mi facevano gonfiare gli arti, la gola. Ho avuto la fortuna di parlarne con la mia dermatologa che ha capito immediatamente di cosa si trattava... artrite e mi consiglia di fare un test, quello per borrelia, a cui risulto positiva.
Ciclo di Bassado, ma ormai era troppo tardi, era passato un anno da quella famosa notte e così piano piano peggioravo e sintomi nuovi si affacciavano quotidianamente provocando in me ansie e paure. Mi sono dovuta recare svariate volte al pronto soccorso perché credevo di essere in preda ad ictus ma gli esami erano perfetti e mi liquidavano con diagnosi di attacchi di panico: prenda Lexotan all'occorrenza.
Io sapevo di non averli ma come contraddirli?
Non sono un medico, solo una paziente!
Non racconterò passo passo i miei primi due anni passati alla ricerca di una diagnosi certa, medici che si rifiutavano di credere che fossi malata di Lyme, avevo fatto una cura antibiotica, quindi ero guarita. La loro superficialità, l'incompetenza e l'arroganza nei riguardi di una malattia rara che non conoscevano!
Avevo attacchi di pianto improvvisi, quindi, secondo loro, ero depressa, ma io mi conosco bene, so quanto io possa essere forte nonostante le avversità della vita e li sfidavo di continuo sempre alla ricerca di chi improvvisamente capisse le mie difficoltà e convinzioni.
Finalmente un giovane immunologo capì che stavo veramente male e grazie a lui iniziai a fare esami, ricoveri, prelievi di liquor ma senza alcun esito. Non riuscivamo ad approdare a nulla.
Di mia iniziativa cerco sul web qualche specialista in Malattia di lyme e trovo un Professore di Trieste.
Gli scrivo una mail e lui risponde praticamente subito. Sono colpita da questo fatto. Mi dà appuntamento per esami in settembre ed eravamo a metà agosto.
Parto fiduciosa e dopo quaranta giorni di attesa per gli esiti finalmente la diagnosi è certa e la mia condanna... Lyme cronica e cistica, una delle più difficili da curare.
Si può esultare nel sapere di essere malati? Sì, si può! Finalmente potevo dare un nome al fantasma che si stava prendendo la mia vita.

Passano due anni dal primo ricovero nella struttura di questo Professore e continuano terapie che alternano momenti tranquilli ad altri di peggioramento. Ma la forza che sentivo in me era sempre forte e mi gridava di continuare a lottare. Ho iniziato a scrivere in un forum di persone che, come me, cercavano un’ancora di salvezza. E grazie ad esso ho incontrato anime meravigliose e spaventate come me, alla ricerca di notizie e rassicurazioni. Grazie alle loro testimonianze mi rendo conto che siamo in tanti, troppi, ad essere intrappolati in una ragnatela che non dà via di scampo.

Nonostante tutti i nostri sforzi e tutte le terapie, non si hanno niente altro che complicazioni, mentre ingeriamo chili di pastiglie, antibiotici, antiparassitari, tanto per bocca, quanto per via endovenosa. Quando fanno effetto ti sembra di aver ripreso fra le mani la vita, ma poi un po’ alla volta i sintomi tornano. Prima in sordina, e non vorresti ascoltarli, per poi soccombere nuovamente.

Allora si ricomincia nella speranza di nuove terapie, cercando qualcuno che sul proprio territorio si impietosisca e cerchi fino in fondo di accompagnarti nella ricerca di un benessere ormai sfuggito.

Capisco le difficoltà dei medici nei confronti dei malati di Lyme, dei loro sintomi e delle difficoltà che incontrano tutti i giorni, ma quello che fa male è quando li si cerca e non rispondono alle richieste di aiuto. Personalmente devo dire di essere stata ben seguita dal Professore di Trieste, ma gli altri non rispondono alle tue richieste e si rendono introvabili e questo ti reca frustrazione, solitudine e senso di impotenza.

Ho scoperto di avere non solo Lyme, ma altre coinfezioni, tossine, parassiti. Ho avuto persino paura di avere la peste. Tutto è possibile con questa malattia, detta rara, ma che rara non lo è più. Troppe persone non sanno ancora che è una pandemia in continua espansione. Nessuno ne parla, solo chi ne è colpito può capire e allora ecco che, nonostante tutto, cerco di dare voce per una richiesta di aiuto e mi affido a questa penna, con la speranza che qualche medico di buona volontà legga e cerchi di dare aiuto. È una richiesta d’aiuto ma non solo per me (io mi ritengo ancora fortunata, nonostante le mie grandi difficoltà), ma per le molte e troppe persone che stanno peggio.

Sono trascorsi sei anni da quella terribile notte. Non ne sono ancora fuori, ma penso di aver sconfitto almeno alcune coinfezioni, tipo yersinia. Continuo a fare cicli di antibiotici, antiparassitari, antimalarici e pago la conseguenza inevitabile di queste terapie, con una candidosi intestinale che provoca spiacevoli disturbi. Tutto è possibile con questa malattia detta rara ma che rara non lo è più.

Gonfiori, bruciori agli occhi, freddo e bruciori interni ma cosa si può fare? Se smetti gli antibiotici peggiori nuovamente e se li assumi la candida riappare. Ho cambiato l'alimentazione... niente zuccheri, senza glutine e senza lieviti... integratori come vitamina D, B12, C, curcuma e zenzero a volontà, mangio mango per glutatione... sperando che il tutto funzioni.

Ho voluto raccontare la mia esperienza perché voglio sottolineare che il mio incubo è stato provocato non da morso di zecca bensì dal morso di un maledetto tafano infetto e quindi si deve fare attenzione... molta attenzione a questi vettori e a tutte le coinfezioni che trasmettono. A volte penso ai consigli medici di non assumere antibiotici continuamente perché creano resistenza e mi viene quasi da ridere nonostante tutto!

 Un grande in bocca al lupo a tutti i miei compagni di viaggio. Donata

La storia di Donata

Non so perché questa sera prendo la penna in mano e scrivo, forse perché non ho più voce...
Improvvisamente mi sono ritrovata in un tunnel senza uscite.
Ho scoperto di far parte di un mondo sommerso di cui non ero a conoscenza sei anni fa.
Una notte come tante dormivo tranquilla nel mio letto ... improvvisamente un dolore lancinante al ginocchio da togliermi il respiro.
Il morso di un maledetto tafano.

È stato l'inizio del mio calvario.

Malattia di Lyme

Questo in primavera... Era autunno quando iniziai a sentirmi demotivata e stanca... Riflettevo su questo stato d'essere e tutto tornava perché avevo passato anni a elaborare un lutto importante, la perdita di mio marito e poi il senso del dovere, continuare a crescere mio figlio che a 18 anni si era ritrovato senza l'appoggio più importante... suo padre.
Poi i sintomi sono cambiati. Comparivano punti rossi come punture di zanzare che nell'arco della giornata mi facevano gonfiare gli arti, la gola. Ho avuto la fortuna di parlarne con la mia dermatologa che ha capito immediatamente di cosa si trattava... artrite e mi consiglia di fare un test, quello per borrelia, a cui risulto positiva.
Ciclo di Bassado, ma ormai era troppo tardi, era passato un anno da quella famosa notte e così piano piano peggioravo e sintomi nuovi si affacciavano quotidianamente provocando in me ansie e paure. Mi sono dovuta recare svariate volte al pronto soccorso perché credevo di essere in preda ad ictus ma gli esami erano perfetti e mi liquidavano con diagnosi di attacchi di panico: prenda Lexotan all'occorrenza.
Io sapevo di non averli ma come contraddirli?
Non sono un medico, solo una paziente!
Non racconterò passo passo i miei primi due anni passati alla ricerca di una diagnosi certa, medici che si rifiutavano di credere che fossi malata di Lyme, avevo fatto una cura antibiotica, quindi ero guarita. La loro superficialità, l'incompetenza e l'arroganza nei riguardi di una malattia rara che non conoscevano!
Avevo attacchi di pianto improvvisi, quindi, secondo loro, ero depressa, ma io mi conosco bene, so quanto io possa essere forte nonostante le avversità della vita e li sfidavo di continuo sempre alla ricerca di chi improvvisamente capisse le mie difficoltà e convinzioni.
Finalmente un giovane immunologo capì che stavo veramente male e grazie a lui iniziai a fare esami, ricoveri, prelievi di liquor ma senza alcun esito. Non riuscivamo ad approdare a nulla.
Di mia iniziativa cerco sul web qualche specialista in Malattia di lyme e trovo un Professore di Trieste.
Gli scrivo una mail e lui risponde praticamente subito. Sono colpita da questo fatto. Mi dà appuntamento per esami in settembre ed eravamo a metà agosto.
Parto fiduciosa e dopo quaranta giorni di attesa per gli esiti finalmente la diagnosi è certa e la mia condanna... Lyme cronica e cistica, una delle più difficili da curare.
Si può esultare nel sapere di essere malati? Sì, si può! Finalmente potevo dare un nome al fantasma che si stava prendendo la mia vita.

Passano due anni dal primo ricovero nella struttura di questo Professore e continuano terapie che alternano momenti tranquilli ad altri di peggioramento. Ma la forza che sentivo in me era sempre forte e mi gridava di continuare a lottare. Ho iniziato a scrivere in un forum di persone che, come me, cercavano un’ancora di salvezza. E grazie ad esso ho incontrato anime meravigliose e spaventate come me, alla ricerca di notizie e rassicurazioni. Grazie alle loro testimonianze mi rendo conto che siamo in tanti, troppi, ad essere intrappolati in una ragnatela che non dà via di scampo.

Nonostante tutti i nostri sforzi e tutte le terapie, non si hanno niente altro che complicazioni, mentre ingeriamo chili di pastiglie, antibiotici, antiparassitari, tanto per bocca, quanto per via endovenosa. Quando fanno effetto ti sembra di aver ripreso fra le mani la vita, ma poi un po’ alla volta i sintomi tornano. Prima in sordina, e non vorresti ascoltarli, per poi soccombere nuovamente.

Allora si ricomincia nella speranza di nuove terapie, cercando qualcuno che sul proprio territorio si impietosisca e cerchi fino in fondo di accompagnarti nella ricerca di un benessere ormai sfuggito.

Capisco le difficoltà dei medici nei confronti dei malati di Lyme, dei loro sintomi e delle difficoltà che incontrano tutti i giorni, ma quello che fa male è quando li si cerca e non rispondono alle richieste di aiuto. Personalmente devo dire di essere stata ben seguita dal Professore di Trieste, ma gli altri non rispondono alle tue richieste e si rendono introvabili e questo ti reca frustrazione, solitudine e senso di impotenza.

Ho scoperto di avere non solo Lyme, ma altre coinfezioni, tossine, parassiti. Ho avuto persino paura di avere la peste. Tutto è possibile con questa malattia, detta rara, ma che rara non lo è più. Troppe persone non sanno ancora che è una pandemia in continua espansione. Nessuno ne parla, solo chi ne è colpito può capire e allora ecco che, nonostante tutto, cerco di dare voce per una richiesta di aiuto e mi affido a questa penna, con la speranza che qualche medico di buona volontà legga e cerchi di dare aiuto. È una richiesta d’aiuto ma non solo per me (io mi ritengo ancora fortunata, nonostante le mie grandi difficoltà), ma per le molte e troppe persone che stanno peggio.

Sono trascorsi sei anni da quella terribile notte. Non ne sono ancora fuori, ma penso di aver sconfitto almeno alcune coinfezioni, tipo yersinia. Continuo a fare cicli di antibiotici, antiparassitari, antimalarici e pago la conseguenza inevitabile di queste terapie, con una candidosi intestinale che provoca spiacevoli disturbi. Tutto è possibile con questa malattia detta rara ma che rara non lo è più.

Gonfiori, bruciori agli occhi, freddo e bruciori interni ma cosa si può fare? Se smetti gli antibiotici peggiori nuovamente e se li assumi la candida riappare. Ho cambiato l'alimentazione... niente zuccheri, senza glutine e senza lieviti... integratori come vitamina D, B12, C, curcuma e zenzero a volontà, mangio mango per glutatione... sperando che il tutto funzioni.

Ho voluto raccontare la mia esperienza perché voglio sottolineare che il mio incubo è stato provocato non da morso di zecca bensì dal morso di un maledetto tafano infetto e quindi si deve fare attenzione... molta attenzione a questi vettori e a tutte le coinfezioni che trasmettono. A volte penso ai consigli medici di non assumere antibiotici continuamente perché creano resistenza e mi viene quasi da ridere nonostante tutto!

 Un grande in bocca al lupo a tutti i miei compagni di viaggio. Donata

Storia di una caduta per immagini

di Paolo Maccallini

“Decidere di raccontare e di pubblicare il resoconto dettagliato della vita di un paziente, di mostrarne la vulnerabilità e la malattia, è una questione moralmente delicata, piena di pericoli di varia natura.”

Oliver Sacks

Malattia di Lyme

Narrativa medica

Le malattie di cui parlo in questo blog non sono state ancora opportunamente raccontate, non esiste una letteratura e una filmografia consistente che possa rendere al grande pubblico le disavventure di questo popolo sommerso. Nessuna Susanna Kaysen ha descritto l’interruzione di queste vite, e non c’è stata una Kay Redfield Jamison che abbia potuto restituire, con la doppia autorità della scienza e della esperienza diretta, l’inquietudine soffocata delle loro menti. Oliver Sacks è morto prima di poter descrivere gli sporadici risvegli di alcuni di questi pazienti, e forse non lo avrebbe mai fatto comunque. Probabilmente le storie di queste vite perse non sono interessanti, dal punto di vista narrativo, semplicemente perché non c’è storia. Basterebbe una pagina bianca a descriverle, o un lungo silenzio. In fondo si tratta solo di agende senza memorie. Nessun Ron Howard farebbe un film su una pagina vuota: il vuoto e l’assenza non possono essere raccontate, perché non c’è nulla da raccontare. Si può però rendere l’inizio della fine, che è una fase dinamica in cui una narrazione possibile esiste. Io vorrei provare a raccontare l’inizio della fine con delle immagini. A volte le immagini parlano più della scrittura, e in fondo la pittura è stato il primo mezzo con cui la nostra specie ha lasciato un racconto duraturo di sé, nelle grotte della preistoria europea.

  Figura 1 Un soggetto simile (nudo maschile di spalle), disegnato dalla stessa persona, nella fase iniziale della malattia e poi due anni dopo.

Le parole non bastano

All’inizio dell’ultimo episodio della mia malattia (inizio del 2002), che poi sarebbe stato l’inizio della fase cronica, persi improvvisamente gran parte delle mie capacità intellettive, a seguito di un episodio simil-influenzale. Era già successo nei quattro anni precedenti, e ogni volta mi ero faticosamente ripreso. Ma quella volta fu definitiva. Avevo appena sostenuto tre esami complicati all’università, superati con il massimo dei voti, e improvvisamente dovetti ammettere che la concentrazione, la memoria, l’immaginazione e l’intuito erano fuori uso. Non potevo nenche più leggere una pagina di narrativa. Non ne capivo il contenuto. Nei cinque mesi successivi poi una fatica fisica massiccia mi avrebbe progressivamente bloccato in casa, per lo più a letto. Sviluppai anche una disfunzione del sistema circolatorio (la POTS) che mi avrebbe impedito, di lì a poco, persino di stare seduto per più di pochi minuti. Allora non sapevo nulla di quello che mi era successo, sapevo solo di essere nei guai. E non mi sbagliavo, perché 15 anni dopo cerco ancora di riprendermi, senza riuscire. So di non poter raccontare il cambio brusco che subì la mia vita in quei giorni, lo so perché ho provato centinaia di volte, di fronte agli interlocutori più disparati: amici, parenti, medici. Fallendo ogni volta. Perché le parole non bastano. Per questo motivo ho pensato di cercare di narrare la mia caduta attraverso dei disegni, disegni miei, fatti in periodi diversi.

Figura 2  Autoritratto nel 1998 (a sinistra) e nel 2005.

In figura 2 c’è un confronto fra due miei autoritratti, uno eseguito nel 1998 (quello a sinistra), l’altro nel 2005. Anche qui è evidente una perdita notevole di precisione del tratto e di comprensione delle proporzioni. Il volto a destra è semplificato e deformato, allungato in modo innaturale. Completamente assente il tentativo di rendere il volume con le ombre. E ancora una volta, questo effetto non era voluto. Semplicemente questo era il massimo che potessi fare in quel momento.

Figura 3  A sinistra una copia di una delle figure della Cappella Sistina di Michelangelo, la Sibilla Delfica (olio su cartoncino, 1997). A destra una figura maschile seduta, eseguita a penna, nel 2005.

In figura 3 un confronto fra due figure sedute. A sinistra un dipinto ad olio che ho eseguito a 17 anni, copiando la Sibilla Delfica di Michelangelo, un personaggio della Cappella Sistina. Dopo la malattia ho perduto la capacità di dipingere, oltre al ‘senso’ del colore, come detto. Nonostante diverse ingenuità, la figura di sinistra è incomparabilmente migliore, sotto ogni punto di vista, rispetto alla immagine riprodotta a destra, un soggetto maschile seduto, eseguito nel 2005, alcuni anni dopo l’esordio della malattia. Anche qui, gli autori sembrano due persone diverse, separate da un muro di piombo.

Perché?

Con queste quattro immagini ho voluto provare a raccontare un percorso che condivido con altre persone. Questo particolare tipo di danno cognitivo, seppure forse non comune, si verifica in molti soggetti, tendenzialmente giovani, ed è associato a una altrettanto importante disabilità fisica. Difficile risalire ai meccanismi che lo producono. Ho sempre desiderato sapere cosa mi fosse successo, e come porvi rimedio, fin dal primo giorno di malattia. Ma per molti anni semplicemente sono stato troppo malato per poter solo fantasticare di riuscire a risolvere il problema.

Tuttavia ora so molto di più. So di avere avuto nel 2000 una lesione cutanea poco conosciuta, riconducibile alla malattia di Lyme, la lymphadenosis benigna cutis dell’areola mammae (Trevisan G et al. 1996), so di aver sviluppato nel tempo una ipoestesia in sede acrale responsiva ai beta lattamici, e quindi compatibile con una infezione da Borrelia afzelii (Ogrinic K et Maraspin V, 2016); nel mio sangue periferico è stato possibile amplificare una sequenza genetica che coincide con il gene che codifica per la flagellina di Borrelia burgdorferi sensu lato (Bonin S 2016), nel 2014. Il mio sistema immunitario innato è profondamente alterato con livelli di IL-1beta, IL-8IL-6MCP1MIP-1beta che sono da decine a centinaia di volte oltre il massimo del valore normale. Il mio sistema immunitario adattivo produce anticorpi contro il sistema nervoso centrale. Senza entrare nei dettagli, si consideri che ciascuna di queste disfunzioni immunitarie è nota per indurre danni al sistema nervoso centrale (Sankowski R et al. 2015) e ad altri sistemi. Il mio quadro clinico soddisfa i criteri per la ME/CFS, specialmente quelli proposti nel 2015 dall’Institute of Medicine (IOM, 2015). E continuo a cercare.

La mia storia non ha un valore particolare, se non nel fatto che non è unica e mette a fuoco un problema molto più grande di me, che deve ancora trovare una soluzione.
Tratto dal sito di Paolo Maccallini - Malattia di Lyme, ME/CFS, FM e altre patologie neuroimmuni.

Paolo Maccallini

Storia di una caduta per immagini

di Paolo Maccallini

“Decidere di raccontare e di pubblicare il resoconto dettagliato della vita di un paziente, di mostrarne la vulnerabilità e la malattia, è una questione moralmente delicata, piena di pericoli di varia natura.”

Oliver Sacks

Malattia di Lyme

Narrativa medica

Le malattie di cui parlo in questo blog non sono state ancora opportunamente raccontate, non esiste una letteratura e una filmografia consistente che possa rendere al grande pubblico le disavventure di questo popolo sommerso. Nessuna Susanna Kaysen ha descritto l’interruzione di queste vite, e non c’è stata una Kay Redfield Jamison che abbia potuto restituire, con la doppia autorità della scienza e della esperienza diretta, l’inquietudine soffocata delle loro menti. Oliver Sacks è morto prima di poter descrivere gli sporadici risvegli di alcuni di questi pazienti, e forse non lo avrebbe mai fatto comunque. Probabilmente le storie di queste vite perse non sono interessanti, dal punto di vista narrativo, semplicemente perché non c’è storia. Basterebbe una pagina bianca a descriverle, o un lungo silenzio. In fondo si tratta solo di agende senza memorie. Nessun Ron Howard farebbe un film su una pagina vuota: il vuoto e l’assenza non possono essere raccontate, perché non c’è nulla da raccontare. Si può però rendere l’inizio della fine, che è una fase dinamica in cui una narrazione possibile esiste. Io vorrei provare a raccontare l’inizio della fine con delle immagini. A volte le immagini parlano più della scrittura, e in fondo la pittura è stato il primo mezzo con cui la nostra specie ha lasciato un racconto duraturo di sé, nelle grotte della preistoria europea.

  Figura 1 Un soggetto simile (nudo maschile di spalle), disegnato dalla stessa persona, nella fase iniziale della malattia e poi due anni dopo.

Le parole non bastano

All’inizio dell’ultimo episodio della mia malattia (inizio del 2002), che poi sarebbe stato l’inizio della fase cronica, persi improvvisamente gran parte delle mie capacità intellettive, a seguito di un episodio simil-influenzale. Era già successo nei quattro anni precedenti, e ogni volta mi ero faticosamente ripreso. Ma quella volta fu definitiva. Avevo appena sostenuto tre esami complicati all’università, superati con il massimo dei voti, e improvvisamente dovetti ammettere che la concentrazione, la memoria, l’immaginazione e l’intuito erano fuori uso. Non potevo nenche più leggere una pagina di narrativa. Non ne capivo il contenuto. Nei cinque mesi successivi poi una fatica fisica massiccia mi avrebbe progressivamente bloccato in casa, per lo più a letto. Sviluppai anche una disfunzione del sistema circolatorio (la POTS) che mi avrebbe impedito, di lì a poco, persino di stare seduto per più di pochi minuti. Allora non sapevo nulla di quello che mi era successo, sapevo solo di essere nei guai. E non mi sbagliavo, perché 15 anni dopo cerco ancora di riprendermi, senza riuscire. So di non poter raccontare il cambio brusco che subì la mia vita in quei giorni, lo so perché ho provato centinaia di volte, di fronte agli interlocutori più disparati: amici, parenti, medici. Fallendo ogni volta. Perché le parole non bastano. Per questo motivo ho pensato di cercare di narrare la mia caduta attraverso dei disegni, disegni miei, fatti in periodi diversi.

Figura 2  Autoritratto nel 1998 (a sinistra) e nel 2005.

In figura 2 c’è un confronto fra due miei autoritratti, uno eseguito nel 1998 (quello a sinistra), l’altro nel 2005. Anche qui è evidente una perdita notevole di precisione del tratto e di comprensione delle proporzioni. Il volto a destra è semplificato e deformato, allungato in modo innaturale. Completamente assente il tentativo di rendere il volume con le ombre. E ancora una volta, questo effetto non era voluto. Semplicemente questo era il massimo che potessi fare in quel momento.

Figura 3  A sinistra una copia di una delle figure della Cappella Sistina di Michelangelo, la Sibilla Delfica (olio su cartoncino, 1997). A destra una figura maschile seduta, eseguita a penna, nel 2005.

In figura 3 un confronto fra due figure sedute. A sinistra un dipinto ad olio che ho eseguito a 17 anni, copiando la Sibilla Delfica di Michelangelo, un personaggio della Cappella Sistina. Dopo la malattia ho perduto la capacità di dipingere, oltre al ‘senso’ del colore, come detto. Nonostante diverse ingenuità, la figura di sinistra è incomparabilmente migliore, sotto ogni punto di vista, rispetto alla immagine riprodotta a destra, un soggetto maschile seduto, eseguito nel 2005, alcuni anni dopo l’esordio della malattia. Anche qui, gli autori sembrano due persone diverse, separate da un muro di piombo.

Perché?

Con queste quattro immagini ho voluto provare a raccontare un percorso che condivido con altre persone. Questo particolare tipo di danno cognitivo, seppure forse non comune, si verifica in molti soggetti, tendenzialmente giovani, ed è associato a una altrettanto importante disabilità fisica. Difficile risalire ai meccanismi che lo producono. Ho sempre desiderato sapere cosa mi fosse successo, e come porvi rimedio, fin dal primo giorno di malattia. Ma per molti anni semplicemente sono stato troppo malato per poter solo fantasticare di riuscire a risolvere il problema.

Tuttavia ora so molto di più. So di avere avuto nel 2000 una lesione cutanea poco conosciuta, riconducibile alla malattia di Lyme, la lymphadenosis benigna cutis dell’areola mammae (Trevisan G et al. 1996), so di aver sviluppato nel tempo una ipoestesia in sede acrale responsiva ai beta lattamici, e quindi compatibile con una infezione da Borrelia afzelii (Ogrinic K et Maraspin V, 2016); nel mio sangue periferico è stato possibile amplificare una sequenza genetica che coincide con il gene che codifica per la flagellina di Borrelia burgdorferi sensu lato (Bonin S 2016), nel 2014. Il mio sistema immunitario innato è profondamente alterato con livelli di IL-1beta, IL-8IL-6MCP1MIP-1beta che sono da decine a centinaia di volte oltre il massimo del valore normale. Il mio sistema immunitario adattivo produce anticorpi contro il sistema nervoso centrale. Senza entrare nei dettagli, si consideri che ciascuna di queste disfunzioni immunitarie è nota per indurre danni al sistema nervoso centrale (Sankowski R et al. 2015) e ad altri sistemi. Il mio quadro clinico soddisfa i criteri per la ME/CFS, specialmente quelli proposti nel 2015 dall’Institute of Medicine (IOM, 2015). E continuo a cercare.

La mia storia non ha un valore particolare, se non nel fatto che non è unica e mette a fuoco un problema molto più grande di me, che deve ancora trovare una soluzione.
Tratto dal sito di Paolo Maccallini - Malattia di Lyme, ME/CFS, FM e altre patologie neuroimmuni.

Paolo Maccallini

13 anni di Lyme

Ho 35 anni, mi sono ammalata a 22, ho lottato con le unghie e con i denti, mi sono sentita sconfitta, a volte per mesi interi, ma ora sto meglio, forse non al 100%, ma riesco a condurre una vita normale ed è la sensazione più bella del mondo!

Malattia di Lyme

 Avevo 21 quando sono stata punta dalla zecca, o meglio, non mi sono mai accorta della zecca, ma nel luglio del 2003 mi comparve un eritema circolare sulla gamba accompagnato da forti vertigini, mal di testa, spossatezza e male alle gambe. Mi venne detto che l'eritema era una micosi e gli altri sintomi...bè ero un'universitaria “stressata”... I sintomi scomparvero da soli nel giro di un mese, ritornai alla mia vita, ma mi stancavo più facilmente di prima. Nell'inverno dello stesso anno, in seguito ad una brutta influenza, i sintomi riapparvero tutti, molto più forti, accompagnati da altri sintomi come spasmi muscolari, neuropatie, dolori articolari, insonnia, vertigini, fatica e una sonnolenza da non riuscire a tenere gli occhi aperti, difficoltà a digerire, nausea, mal di testa cronico di un'intensità altissima ecc. Abbandonai dopo poche settimane l'università, non ero più autosufficiente, facevo fatica ad alzarmi dal letto e dopo pochi passi ero sfinita. Da lì, una visita medica dopo l'altra, diagnosi sbagliate e terapie sbagliate a volte nocive.

Due anni passati a brancolare nel buio prima che mi venisse consigliato di fare le analisi per la Borreliosi da un neurologo di Innsbruck. Era il 29 ottobre del 2005, il giorno del mio compleanno, ricevetti una telefonata dal laboratorio analisi a cui mi ero rivolta, i risultati erano arrivati: Igg Positive! Finalmente potevo dare un nome a questa "cosa". Le persone ora erano costrette a credermi, non era tutto nella mia testa, avevo una patologia reale. Quello che non sapevo era che la battaglia più difficile doveva ancora incominciare.

Contattai un infettivologo della mia città, con poca esperienza, ma molto disponibile. Mi prescrisse antibiotici per vena per due mesi e Doxy ad oltranza fino a quando si cominciasse a vedere qualche miglioramento. Purtroppo il mio caso era difficile e avanzato e i miglioramenti stentavano a vedersi mentre gli herx mi stendevano. Nel frattempo lessi tutto il materiale che trovavo, comprai i dvd delle conferenze in America, mi iscrissi a Lymenet e mi feci una vera cultura in materia. Cercai dei laboratori per effettuare le analisi delle coinfezioni. Babesia divergens positiva, Erlichia caffensis positiva e valori bordeline per la Bartonella. Viste le ultime analisi decidemmo insieme al mio infettivologo di iniziare la cura per la babesia. Wow! Che herx! Ma poi finalmente un vero miglioramento. Cominciai a uscire di casa e a vedere uno spiraglio di vita. Mi resi conto che avevo bisogno di un vero esperto e così andai in America e diventai paziente del dr. Horowitz. Il primo appuntamento durò più di 6 ore. Mi prescrisse nei mesi seguenti diversi cocktail di antibiotici accompagnati da terapie a base di erbe o prodotti omeopatici per sostenere l'organismo e la disintossicazione. Mi fece seguire da un medico di medicina tradizionale cinese che mi aiutò immensamente. Ero in ottime mani, ma non è mai bastato seguire alla lettera le istruzioni del dottore, ho dovuto imparare ad ascoltare il mio corpo, capire quando avevo bisogno di una pausa dai farmaci o quando la disintossicazione era troppo aggressiva. Dopo 2 anni in cura da Dr. Horowitz e il suo team sentii parlare del Bionic. Alcuni pazienti americani cominciarono a recarsi in Germania per provare questa nuova terapia che si diceva priva di effetti collaterali. Partii per la Germania a Novembre del 2009. Stavo meglio, ma ancora molto malata. Il primo ciclo di terapie durò 4 settimane.

Dopo la fine del ciclo stavo meglio e decisi che piuttosto di prendere altri farmaci avrei preferito continuare su questa strada. Comprai un Bionic 880 di seconda mano e cominciai a curarmi da sola a casa prendendo tutte le precauzioni possibili per evitare disastri. Feci altri cicli di 4 settimane sempre interrotti da uno o due mesi di pausa in cui non toccavo antibiotici. Fino ad adesso che continuo ad usare il Bionic facendo una seduta ogni 6/8 settimane.

Ci sono molti dettagli che ho omesso, perché dieci anni di vita sono tanti da raccontare sulla carta, ma a grandissime linee questo è stato il mio percorso. Non ho parlato dei miei stati d'animo. Ogni giorno ho fatto i conti con il dolore, la paura, l'incertezza, la stanchezza, la solitudine, la frustrazione e l'incomprensione, ma ogni volta che mi era possibile facevo qualche cosa che mi ricordasse per cosa stavo lottando. Non so perché non mi sono mai arresa... qualcosa mi ha fatto andare avanti, non so se si tratta di istinto di sopravvivenza, forza di volontà o che cosa... Ma il mio messaggio è di tenere duro, di far valere i propri diritti, di non farsi mettere i piedi in testa e di prendersi la responsabilità del proprio percorso di guarigione.

Un abbraccio a chi sta lottando. Lettera firmata

13 anni di Lyme

Ho 35 anni, mi sono ammalata a 22, ho lottato con le unghie e con i denti, mi sono sentita sconfitta, a volte per mesi interi, ma ora sto meglio, forse non al 100%, ma riesco a condurre una vita normale ed è la sensazione più bella del mondo!

Malattia di Lyme

 Avevo 21 quando sono stata punta dalla zecca, o meglio, non mi sono mai accorta della zecca, ma nel luglio del 2003 mi comparve un eritema circolare sulla gamba accompagnato da forti vertigini, mal di testa, spossatezza e male alle gambe. Mi venne detto che l'eritema era una micosi e gli altri sintomi...bè ero un'universitaria “stressata”... I sintomi scomparvero da soli nel giro di un mese, ritornai alla mia vita, ma mi stancavo più facilmente di prima. Nell'inverno dello stesso anno, in seguito ad una brutta influenza, i sintomi riapparvero tutti, molto più forti, accompagnati da altri sintomi come spasmi muscolari, neuropatie, dolori articolari, insonnia, vertigini, fatica e una sonnolenza da non riuscire a tenere gli occhi aperti, difficoltà a digerire, nausea, mal di testa cronico di un'intensità altissima ecc. Abbandonai dopo poche settimane l'università, non ero più autosufficiente, facevo fatica ad alzarmi dal letto e dopo pochi passi ero sfinita. Da lì, una visita medica dopo l'altra, diagnosi sbagliate e terapie sbagliate a volte nocive.

Due anni passati a brancolare nel buio prima che mi venisse consigliato di fare le analisi per la Borreliosi da un neurologo di Innsbruck. Era il 29 ottobre del 2005, il giorno del mio compleanno, ricevetti una telefonata dal laboratorio analisi a cui mi ero rivolta, i risultati erano arrivati: Igg Positive! Finalmente potevo dare un nome a questa "cosa". Le persone ora erano costrette a credermi, non era tutto nella mia testa, avevo una patologia reale. Quello che non sapevo era che la battaglia più difficile doveva ancora incominciare.

Contattai un infettivologo della mia città, con poca esperienza, ma molto disponibile. Mi prescrisse antibiotici per vena per due mesi e Doxy ad oltranza fino a quando si cominciasse a vedere qualche miglioramento. Purtroppo il mio caso era difficile e avanzato e i miglioramenti stentavano a vedersi mentre gli herx mi stendevano. Nel frattempo lessi tutto il materiale che trovavo, comprai i dvd delle conferenze in America, mi iscrissi a Lymenet e mi feci una vera cultura in materia. Cercai dei laboratori per effettuare le analisi delle coinfezioni. Babesia divergens positiva, Erlichia caffensis positiva e valori bordeline per la Bartonella. Viste le ultime analisi decidemmo insieme al mio infettivologo di iniziare la cura per la babesia. Wow! Che herx! Ma poi finalmente un vero miglioramento. Cominciai a uscire di casa e a vedere uno spiraglio di vita. Mi resi conto che avevo bisogno di un vero esperto e così andai in America e diventai paziente del dr. Horowitz. Il primo appuntamento durò più di 6 ore. Mi prescrisse nei mesi seguenti diversi cocktail di antibiotici accompagnati da terapie a base di erbe o prodotti omeopatici per sostenere l'organismo e la disintossicazione. Mi fece seguire da un medico di medicina tradizionale cinese che mi aiutò immensamente. Ero in ottime mani, ma non è mai bastato seguire alla lettera le istruzioni del dottore, ho dovuto imparare ad ascoltare il mio corpo, capire quando avevo bisogno di una pausa dai farmaci o quando la disintossicazione era troppo aggressiva. Dopo 2 anni in cura da Dr. Horowitz e il suo team sentii parlare del Bionic. Alcuni pazienti americani cominciarono a recarsi in Germania per provare questa nuova terapia che si diceva priva di effetti collaterali. Partii per la Germania a Novembre del 2009. Stavo meglio, ma ancora molto malata. Il primo ciclo di terapie durò 4 settimane.

Dopo la fine del ciclo stavo meglio e decisi che piuttosto di prendere altri farmaci avrei preferito continuare su questa strada. Comprai un Bionic 880 di seconda mano e cominciai a curarmi da sola a casa prendendo tutte le precauzioni possibili per evitare disastri. Feci altri cicli di 4 settimane sempre interrotti da uno o due mesi di pausa in cui non toccavo antibiotici. Fino ad adesso che continuo ad usare il Bionic facendo una seduta ogni 6/8 settimane.

Ci sono molti dettagli che ho omesso, perché dieci anni di vita sono tanti da raccontare sulla carta, ma a grandissime linee questo è stato il mio percorso. Non ho parlato dei miei stati d'animo. Ogni giorno ho fatto i conti con il dolore, la paura, l'incertezza, la stanchezza, la solitudine, la frustrazione e l'incomprensione, ma ogni volta che mi era possibile facevo qualche cosa che mi ricordasse per cosa stavo lottando. Non so perché non mi sono mai arresa... qualcosa mi ha fatto andare avanti, non so se si tratta di istinto di sopravvivenza, forza di volontà o che cosa... Ma il mio messaggio è di tenere duro, di far valere i propri diritti, di non farsi mettere i piedi in testa e di prendersi la responsabilità del proprio percorso di guarigione.

Un abbraccio a chi sta lottando. Lettera firmata

Quando la malattia di Lyme persiste

È il 2017 e Marina è in aereo, durante un viaggio all’estero. A un certo punto, per caso, si accorge di questo puntino nero sulla pelle. All’inizio pensa sia un piccolo neo e lo fotografa: non si era mai accorta della sua esistenza fino a quel momento e chiede anche al compagno se lo avesse mai notato. Poi prova a toccarlo con le dita e dopo qualche minuto, ricontrollando, si accorge che il puntino nero non c’è più.

Bene, non era un nuovo neo.

Malattia di Lyme

In realtà questo puntino era una zecca e quella fotografia scattata è l’unica testimonianza dell’origine di quello che, per Marina, di lì a poco sarebbe diventato un calvario: una forma di malattia di Lyme molto difficile da debellare.

Lo diciamo subito: oggi, a distanza di due anni e mezzo, Marina mi dice di stare meglio. Non ha più la valanga di sintomi che nel giro di poche settimane l’avevano costretta a letto, senza riuscire ad alzarsi, a parlare, a scrivere, a guardare fuori dalla finestra senza che la sua testa scoppiasse. Ma ancora non è finita: il batterio responsabile di questa forma così resistente di Lyme non se ne è ancora andato del tutto e a breve – mi dice speranzosa – verrà inserita in una nuova sperimentazione all’estero per una terapia che potrebbe apportare importanti miglioramenti per lei. Nel frattempo però ha perso il lavoro, una carriera importante guadagnata con anni di duro impegno e a cui teneva infinitamente: a causa dei vari limiti fisici, non era più in grado di far fronte agli impegni.

LYME, LA MALATTIA DIMENTICATA
La sua storia è molto importante, perché racconta aspetti meno noti di questa malattia di cui poco si parla, se non in territori montani. Quella di Marina è anzitutto la vicenda di una persona che da anni studia, si informa, anche perché – mi dice – è fortunata, ha gli strumenti per farlo, dato che lavorava nel settore sanitario. “Ci tengo a raccontare a più persone possibili quello che ho fatto, perché se solo io avessi avuto qualcuno come me – che mi avesse indicato da subito i luoghi giusti ai quali rivolgermi – avrei ricevuto tempestivamente un’adeguata terapia”.

Il problema è che sono rari gli specialisti esperti di malattia di Lyme e che sanno come comportarsi quando – come nel caso di Marina – accanto alla Borrelia la zecca è portatrice di altre coinfezioni. “L’idea dominante è che la malattia di Lyme abbia un decorso relativamente breve, se si fa correttamente la terapia, ma spesso non è così: ci sono forme persistenti, io stessa sono ancora positiva ai test, e in questi casi non è semplice trovare uno specialista che abbia seguito dei corsi di aggiornamento specifico su come trattare casi come il mio, che non è certo l’unico in Italia. Anche perché, in realtà, ogni persona ha reagito diversamente, anche in conseguenza dei tempi di diagnosi, alla malattia, e dunque reagisce diversamente alle terapie”.

L’iter di Marina dura molti mesi, e parte da Milano, dove viene ospedalizzata per un mese, dopo la comparsa di una serie di sintomi invalidanti nel giro di pochissimo tempo. “Tornata in Italia dal mio viaggio mi sono subito sottoposta al test e sono risultata positiva. Ho iniziato la normale terapia ma ho iniziato a stare sempre peggio: faticavo a respirare, non riuscivo più a fare le scale, avevo sempre un’emicrania potentissima che mi impediva di stare con gli occhi aperti, avevo nausee e iniziavo a perdere la vista e la memoria”.

QUANDO IL MALATO SI INFORMA DA SOLO
Per Marina, che fino a un mese prima arrampicava, è qualcosa di spaventoso. Ma lei continua a cercare in rete informazioni, a studiare, a iscriversi ai gruppi sui social media e alle associazioni che si occupano di Lyme. “I medici a Milano mi hanno detto che non si spiegavano questa persistenza della malattia e che probabilmente c’era qualcos’altro, anche se fatti tutti gli esami possibili per altre malattie non è risultato nulla. Sempre e solo Lyme. Allora mi hanno detto che forse ero depressa, ma non lo ero. Grazie all’ Associazione Lyme Italia e Coinfezioni sono stata quindi indirizzata a Trieste, presso la Clinica Dermatologica dell’Ospedale Maggiore, dove c’è un reparto con competenze avanzate specializzato nella diagnosi e cura della malattia di Lyme.

Inizia quindi per Marina e la sua famiglia un lungo periodo di viaggi a Trieste, dove viene presa in cura e sottoposta a una terapia combinata che riduce i sintomi, anche se la gestione è difficile. I tempi d’attesa sono lunghi poiché il reparto è piccolo e, vista l’elevata competenza rispetto al resto delle regioni in Italia, ci sono tante richieste. La cosa più importante è che a Trieste sottopongono Marina a nuovi esami e si rendono conto che oltre alla Borrelia ci sono altre tre coinfezioni in corso dovute alla zecca. Viene quindi richiesto di effettuare alcuni approfondimenti diagnostici, ma in Italia sono poche le strutture ospedaliere attrezzate per eseguirli. Ciò obbliga Marina a informarsi presso varie strutture ospedaliere e a doversi attrezzare, per casi in cui in Italia non sia possibile effettuare questi esami, a farli all’estero. A spese sue. Anche se ci sono dei miglioramenti, le terapie svolte in Italia non permettono a Marina di risolvere la patologia. Per questo decide di andare all’estero, a malincuore, spendendo molto in pochi mesi per pagare una clinica privata dalla quale riceve una terapia che ha un buon effetto su di lei. Sta per un mese in Germania, prendendo in affitto un appartamentino, e intraprende delle terapie non disponibili in Italia. “Di giorno facevo le mie sei-sette ore di infusione e poi stavo male tutta la notte. Ma alla fine le cose hanno iniziato ad andare meglio, e sono potuta tornare a Milano per continuare la terapia.”

Problema: non tutti i farmaci che le sono prescritti sono in commercio in Italia ed è quasi impossibile trovare una struttura che ti prenda in carico per effettuare la terapia infusionale prescritta. Così, fra una cosa e l’altra, il percorso costa a Marina altre migliaia di euro. “Mi chiedo chi non ha la mia determinazione e le mie possibilità che cosa fa”.

POI, LA DIFFICOLTÀ FINALE
Infine arriva il momento più duro di tutti, il giorno in cui è fissata la visita in commissione INPS per l’accertamento dell’invalidità e altre tutele previste dalla legge per le patologie invalidanti. “In quel momento stavo molto male, avevo anche problemi cognitivi, nel senso che non riuscivo a compilare il modulo, a capire che cosa leggevo e a rispondere. Non chiedevo pietà, ho sempre lavorato tanto nella mia vita e chiedevo solo un riconoscimento di quanto questa patologia sia invalidante dal punto di vista sociale, lavorativo e sanitario.”

Ma la commissione, dove non era presente alcuno specialista in malattie rare, minimizza la situazione e concede a Marina una minima percentuale di riconoscimento perché la malattia di Lyme non è considerata grave. “Ero lì con mia mamma ma nessuno mi ha fatto domande, non hanno guardato la documentazione richiesta, erano incompetenti sulla malattia di Lyme e mi hanno solo detto che se fossi stata lì con una gamba rotta sarebbe stato più facile. Te lo assicuro, io non piango mai, ma quel giorno ho pianto per un’ora in macchina. Mi sono sentita meno di zero, delusa e frustrata”.

Quando la malattia di Lyme persiste

È il 2017 e Marina è in aereo, durante un viaggio all’estero. A un certo punto, per caso, si accorge di questo puntino nero sulla pelle. All’inizio pensa sia un piccolo neo e lo fotografa: non si era mai accorta della sua esistenza fino a quel momento e chiede anche al compagno se lo avesse mai notato. Poi prova a toccarlo con le dita e dopo qualche minuto, ricontrollando, si accorge che il puntino nero non c’è più.

Bene, non era un nuovo neo.

Malattia di Lyme

In realtà questo puntino era una zecca e quella fotografia scattata è l’unica testimonianza dell’origine di quello che, per Marina, di lì a poco sarebbe diventato un calvario: una forma di malattia di Lyme molto difficile da debellare.

Lo diciamo subito: oggi, a distanza di due anni e mezzo, Marina mi dice di stare meglio. Non ha più la valanga di sintomi che nel giro di poche settimane l’avevano costretta a letto, senza riuscire ad alzarsi, a parlare, a scrivere, a guardare fuori dalla finestra senza che la sua testa scoppiasse. Ma ancora non è finita: il batterio responsabile di questa forma così resistente di Lyme non se ne è ancora andato del tutto e a breve – mi dice speranzosa – verrà inserita in una nuova sperimentazione all’estero per una terapia che potrebbe apportare importanti miglioramenti per lei. Nel frattempo però ha perso il lavoro, una carriera importante guadagnata con anni di duro impegno e a cui teneva infinitamente: a causa dei vari limiti fisici, non era più in grado di far fronte agli impegni.

LYME, LA MALATTIA DIMENTICATA
La sua storia è molto importante, perché racconta aspetti meno noti di questa malattia di cui poco si parla, se non in territori montani. Quella di Marina è anzitutto la vicenda di una persona che da anni studia, si informa, anche perché – mi dice – è fortunata, ha gli strumenti per farlo, dato che lavorava nel settore sanitario. “Ci tengo a raccontare a più persone possibili quello che ho fatto, perché se solo io avessi avuto qualcuno come me – che mi avesse indicato da subito i luoghi giusti ai quali rivolgermi – avrei ricevuto tempestivamente un’adeguata terapia”.

Il problema è che sono rari gli specialisti esperti di malattia di Lyme e che sanno come comportarsi quando – come nel caso di Marina – accanto alla Borrelia la zecca è portatrice di altre coinfezioni. “L’idea dominante è che la malattia di Lyme abbia un decorso relativamente breve, se si fa correttamente la terapia, ma spesso non è così: ci sono forme persistenti, io stessa sono ancora positiva ai test, e in questi casi non è semplice trovare uno specialista che abbia seguito dei corsi di aggiornamento specifico su come trattare casi come il mio, che non è certo l’unico in Italia. Anche perché, in realtà, ogni persona ha reagito diversamente, anche in conseguenza dei tempi di diagnosi, alla malattia, e dunque reagisce diversamente alle terapie”.

L’iter di Marina dura molti mesi, e parte da Milano, dove viene ospedalizzata per un mese, dopo la comparsa di una serie di sintomi invalidanti nel giro di pochissimo tempo. “Tornata in Italia dal mio viaggio mi sono subito sottoposta al test e sono risultata positiva. Ho iniziato la normale terapia ma ho iniziato a stare sempre peggio: faticavo a respirare, non riuscivo più a fare le scale, avevo sempre un’emicrania potentissima che mi impediva di stare con gli occhi aperti, avevo nausee e iniziavo a perdere la vista e la memoria”.

QUANDO IL MALATO SI INFORMA DA SOLO
Per Marina, che fino a un mese prima arrampicava, è qualcosa di spaventoso. Ma lei continua a cercare in rete informazioni, a studiare, a iscriversi ai gruppi sui social media e alle associazioni che si occupano di Lyme. “I medici a Milano mi hanno detto che non si spiegavano questa persistenza della malattia e che probabilmente c’era qualcos’altro, anche se fatti tutti gli esami possibili per altre malattie non è risultato nulla. Sempre e solo Lyme. Allora mi hanno detto che forse ero depressa, ma non lo ero. Grazie all’ Associazione Lyme Italia e Coinfezioni sono stata quindi indirizzata a Trieste, presso la Clinica Dermatologica dell’Ospedale Maggiore, dove c’è un reparto con competenze avanzate specializzato nella diagnosi e cura della malattia di Lyme.

Inizia quindi per Marina e la sua famiglia un lungo periodo di viaggi a Trieste, dove viene presa in cura e sottoposta a una terapia combinata che riduce i sintomi, anche se la gestione è difficile. I tempi d’attesa sono lunghi poiché il reparto è piccolo e, vista l’elevata competenza rispetto al resto delle regioni in Italia, ci sono tante richieste. La cosa più importante è che a Trieste sottopongono Marina a nuovi esami e si rendono conto che oltre alla Borrelia ci sono altre tre coinfezioni in corso dovute alla zecca. Viene quindi richiesto di effettuare alcuni approfondimenti diagnostici, ma in Italia sono poche le strutture ospedaliere attrezzate per eseguirli. Ciò obbliga Marina a informarsi presso varie strutture ospedaliere e a doversi attrezzare, per casi in cui in Italia non sia possibile effettuare questi esami, a farli all’estero. A spese sue. Anche se ci sono dei miglioramenti, le terapie svolte in Italia non permettono a Marina di risolvere la patologia. Per questo decide di andare all’estero, a malincuore, spendendo molto in pochi mesi per pagare una clinica privata dalla quale riceve una terapia che ha un buon effetto su di lei. Sta per un mese in Germania, prendendo in affitto un appartamentino, e intraprende delle terapie non disponibili in Italia. “Di giorno facevo le mie sei-sette ore di infusione e poi stavo male tutta la notte. Ma alla fine le cose hanno iniziato ad andare meglio, e sono potuta tornare a Milano per continuare la terapia.”

Problema: non tutti i farmaci che le sono prescritti sono in commercio in Italia ed è quasi impossibile trovare una struttura che ti prenda in carico per effettuare la terapia infusionale prescritta. Così, fra una cosa e l’altra, il percorso costa a Marina altre migliaia di euro. “Mi chiedo chi non ha la mia determinazione e le mie possibilità che cosa fa”.

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Ma la commissione, dove non era presente alcuno specialista in malattie rare, minimizza la situazione e concede a Marina una minima percentuale di riconoscimento perché la malattia di Lyme non è considerata grave. “Ero lì con mia mamma ma nessuno mi ha fatto domande, non hanno guardato la documentazione richiesta, erano incompetenti sulla malattia di Lyme e mi hanno solo detto che se fossi stata lì con una gamba rotta sarebbe stato più facile. Te lo assicuro, io non piango mai, ma quel giorno ho pianto per un’ora in macchina. Mi sono sentita meno di zero, delusa e frustrata”.

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File di log e similari: Per motivi di sicurezza, ed al fine di adempiere a specifici obblighi di legge, vengono registrati i dati tecnici di connessione degli utenti all'interno di file di testo che vengono archiviati nel nostro server allo scopo di monitorare il corretto funzionamento del sito e proteggere i nostri sistemi da eventuali attacchi informatici. Altri software presenti sui nostri sistemi potrebbero compiere operazioni analoghe per finalità connesse alla sicurezza informatica.

Statistiche di accesso al sito: Utilizziamo Google Analytics - GA4 -  con finalità puramente statistica per la misurazione del traffico del nostro sito Web. Al fine di garantire la privacy degli utenti abbiamo provveduto ad attivare l'anonimizzazione degli indirizzi IP, cosa che impedisce a Google Analytics di registrare questo tuo dato personale all'interno del proprio sistema.

Widget di terze parti: Potrebbero essere presenti, in talune pagine del sito, strumenti forniti da terze parti come ad esempio video, elementi prelevati da social network ed altre funzionalità remote. Tali strumenti possono interagire col sistema dell'utente mediante l'invio di cookie.

Moduli di contatto / Registrazione: I dati personali forniti volontariamente all'interno degli appositi moduli vengono trattati:

per poter fornire i servizi richiesti
per poter erogare il servizio di newsletter o effettuare l'invio di comunicazioni informative e/o pubblicitarie
per poter elaborare specifiche richieste degli utenti in modo automatico e/o manuale (ad, esempio, per rispondere alle richieste di contatto inoltrate attraverso gli appositi moduli)
per effettuare eventuali operazioni di fatturazione e/o adempiere a specifici obblighi di legge
Invio di Newsletter: Con la registrazione attraverso gli appositi moduli disponibili all'interno di diverse pagine del sito web, l'indirizzo email dell'utente viene acquisito ed inserito in una lista di contatti a cui potranno essere inviati, con o senza cadenza periodica, messaggi di posta elettronica contenenti informazioni, anche di natura commerciale e promozionale. Il conferimento dei dati richiesti per iscriverla alla nostra newsletter e/o poterle inviare comunicazioni e materiale promozionale è del tutto facoltativo e la base giuridica di questo trattamento è il consenso espresso dall’interessato al trattamento dei propri dati personali.

La determinazione del periodo di conservazione dei dati personali risponde al principio di necessità del trattamento. I Suoi dati personali saranno conservati fintanto che Lei continuerà a voler ricevere le comunicazioni per le quali Lei ha espresso specifico consenso.

Ricordiamo che è possibile cancellarsi dalla Newsletter in ogni momento attraverso il link riportato in calce ad ogni comunicazione ricevuta.

Associazione Lyme Italia e coinfezioni NON invia spam.

BASE GIURIDICA DEL TRATTAMENTO
Per taluni trattamenti non è richiesto il consenso dell'interessato. In particolare, non è prevista la possibilità di prestare o negare il consenso in merito alla registrazione di file di log, alla misurazione delle statistiche di accesso al sito ed all'invio di cookie strettamente necessari al funzionamento tecnico del sito web. In tutti questi casi, infatti, sussiste un interesse legittimo in capo al Titolare del trattamento al corretto funzionamento della propria attività online.
In tutti i casi nei quali per il trattamento è richiesto il consenso dell'utente, questo deve essere consapevole, libero ed incondizionato. Il mancato conferimento dei dati, tuttavia, potrebbe comportare l'impossibilità di ottenere taluni servizi o prestazioni (ad esempio, non si può sottoscrivere il servizio di newsletter se non si presta il relativo consenso).
Per la validità del consenso è richiesto che l'interessato abbia compiuto almeno 16 anni di età. L'utilizzo di tutti i nostri servizi che comportano un trattamento di dati su base volontaria, pertanto, s'intende precluso a chi non abbia raggiunto tale limite d'età.

MODALITA’ DEL TRATTAMENTO
I dati oggetto di trattamento sono trattati con strumenti informatici in modo prevalentemente automatizzato con tecniche e accorgimenti tali da ridurre, il più possibile, l'intervento umano.

L'accesso manuale da parte di operatori autorizzati è previsto solo in casi particolari e limitati, solitamente dietro richiesta del diretto interessato o per adempiere a specifici obblighi di legge (ad esempio per la fatturazione di eventuali servizi a pagamento).

CONSERVAZIONE DEI DATI
Ti diciamo dove sono conservati i dati che acquisiamo in prima persona.
I dati che trattiamo in modo diretto sono archiviati all'interno dei nostri server allocati presso Ergonet SRL, con sede legale in Montefiascone (VT), Via Giuseppe Contadini, 18 iscritta al REA numero VT-125151, P.IVA: 01871500565.

SOGGETTI AUTORIZZATI AD ACCEDERE AI DATI
Il trattamento dei dati avverrà con strumenti informatici da parte del personale dei Titolari del trattamento dati opportunamente autorizzato. I dati potranno essere trattati anche da soggetti terzi fornitori di servizi, che opereranno in qualità di Responsabili del Trattamento ai sensi dell’art. 28, GDPR, qualora ciò sia necessario per esigenze di operatività e manutenzione del sito e dei servizi messi a disposizione tramite il Sito stesso.
È esclusa qualsiasi diffusione dei dati.

MISURE DI SICUREZZA
Idonee misure di sicurezza sono osservate per prevenire la perdita dei dati, la loro manomissione, usi illeciti ed accessi non autorizzati. Al fine di garantire la riservatezza delle comunicazioni da e verso i nostri sistemi informatici, a partire dal giugno 2017, abbiamo implementato il protocollo SSL su tutte le pagine del Titolare del trattamento. Ove opportuno, inoltre, i dati degli utenti vengono trattati ed archiviati in modo criptato.

DURATA DEL TRATTAMENTO
I dati sono trattati per il tempo necessario allo svolgimento del servizio richiesto dall'utente, o richiesto dalle finalità descritte in questo documento. L'utente può sempre chiedere l'interruzione di specifici trattamenti (ad esempio la cancellazione dal servizio di newsletter) o la cancellazione integrale dei propri dati.

Taluni dati potrebbero essere conservati anche dopo la cancellazione per il periodo previsto per l'adempimento di obblighi di legge, sempre che non risulti necessario conservarli ulteriormente per difendere o far valere un diritto o per adempiere a eventuali ulteriori obblighi di legge o ordini delle autorità.

DIRITTI DELL’INTERESSATO
I soggetti cui si riferiscono i sopra citati dati personali (c.d. "interessati"), hanno la facoltà di esercitare i propri diritti secondo le modalità e nei limiti previsti dalla vigente normativa privacy. In particolare, all'interessato sono riconosciuti i seguenti diritti:

accesso: l'interessato ha diritto di chiedere se sia in essere o meno un trattamento di dati che lo riguarda e, in caso affermativo, ha diritto di conoscere tali dati.
rettifica: l'interessato può chiedere di rettificare o integrare i dati che ci ha fornito o comunque in nostro possesso, qualora inesatti.
cancellazione: l'interessato può chiedere che i suoi dati vengano cancellati, qualora non siano più necessari alle finalità per le quali sono stati raccolti o in caso di revoca del consenso, di opposizione al trattamento, in caso di trattamento illecito, ovvero qualora sussista un obbligo legale di cancellazione;
limitazione: l'interessato può chiedere la limitazione del trattamento dei suoi dati personali, quando ricorre una delle condizioni di cui all'art. 18 del GDPR; in tal caso, i suoi dati non saranno trattati, salvo che per la conservazione, senza il suo consenso fatta eccezione per quanto esplicitato nel medesimo articolo al comma 2.
opposizione: l'interessato può opporsi in qualunque momento al trattamento dei suoi dati effettuato sulla base di un nostro legittimo interesse, salvo che vi siano nostri motivi legittimi per procedere al trattamento che prevalgano sui suoi, per esempio per l'esercizio o la nostra difesa in sede giudiziaria.
portabilità: l'interessato può chiedere di ricevere i suoi dati, o di farli trasmettere ad altro titolare da lui indicato, in un formato strutturato, di uso comune e leggibile da dispositivo automatico.

Inoltre, ai sensi dell'art. 7, par. 3, GDPR, la informiamo che può esercitare in qualsiasi momento il suo diritto di revoca del consenso, senza che venga pregiudicata la liceità del trattamento basata sul consenso prestato antecedentemente.

Per esercitare tali diritti, segnalare problemi o chiedere chiarimenti sul trattamento dei propri dati personali è possibile utilizzare il form disponibile in questo sito alla voce GDPR.

Qualora l’interessato ravvisi una violazione di legge nel trattamento dei propri dati personali può proporre reclamo al Garante per la protezione dei dati personali. Resta comunque salva la possibilità di esperire ricorso davanti all’Autorità giudiziaria competente.

Accesso e modifica ai dati
Limitatamente ad alcuni servizi, sono forniti agli interessati strumenti automatizzati per l'accesso e la modifica dei propri dati personali.

Richieste di cancellazione
La richiesta di cancellazione dei dati personali potrebbe comportare la conseguente interruzione dei servizi offerti la cui fruizione era subordinata all'accettazione del trattamento degli stessi.
Se desiderate cancellare la vostra iscrizione ad un dato servizio vi chiediamo di seguire la voce GDPR

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