Storia della malattia di Lyme
Malattia di Lyme: definizione
La borreliosi di Lyme (BL) è una zoonosi, il cui ciclo di trasmissione si realizza attraverso la zecca, che funge da vettore, ed ospiti vertebrati, alcuni dei quali – come i topi – fungono da serbatoi, mentre altri – come l’uomo – sono ospiti occasionali.
BL è un’infezione multisistemica trasmessa da zecche dure ed è causata da una spirocheta: Borrelia burgdorferi.
La manifestazione tipica è l’Erythema (Chronicum) Migrans (ECM). Il quadro clinico è complesso e spesso atipico; la patologia può simulare diverse affezioni cutanee e neurologiche, per cui viene chiamata anche la “Grande Simulatrice”. Gli organi più frequentemente colpiti sono: la cute, il sistema articolare, il sistema nervoso, il cuore, gli occhi.
Il vettore è la zecca dura (con lo scudo dorsale), e con questo termine si intende un carrier, che può infettarsi da un vertebrato, per poi trasmetterne il batterio ad un altro. Essa non contiene il germe in maniera passiva, in quanto la Borrelia è in grado di riprodursi all’interno del vettore stesso, rendendo la zecca ammalata.
Sono zecche appartenenti nella maggior parte dei casi a Ixodes complex. In Europa la zecca più frequentemente implicata è Ixodes ricinus, la zecca della pecora, che può tuttavia attaccare numerosi altri mammiferi. Un ospite occasionale può essere l’uomo, che così si ammala.
Antonio Berlese (Padova, 26 giugno 1863 - Firenze, 24 ottobre 1927) era uno studioso di acarologia ed è considerato il fondatore della sistematica degli acari: nel 1988 scrisse delle zecche: «habitat in bobus, capris, capreolis, ovibus subinde etiam hominibus infestus».
Il serbatoio è per lo più costituito da alcuni topi. In questi vertebrati la batteriemia è frequente, perciò, quando il vettore ancora sano effettua il pasto su questo animale, può infettarsi.
Altre volte l’ospite può avere un ruolo nella diffusione dell’infezione, come gli uccelli marini, in grado di trasportare dei vettori infetti anche in luoghi molto distanti.
In alcune aree del Sud America (Brasile, Amazzonia) il vettore è Amblyomma cajannense, e questo fattore condiziona la genospecie della Borrelia ed il quadro clinico della malattia nell’uomo (Sindrome di Baggio-Yoshinari).
da "Il Dermatologo" 2018
PREISTORIA della MALATTIA DI LYME
Nel 1883 Alfred Buchwald (1) descrive l’Acrodermatitis Chronica Atrophicans (ACA), nel 1895 Philippe-Joseph Pick (2) e nel 1902 Karl Herxeimer e K Hartmann (3) fanno una descrizione dettagliata dell’ACA.
Nel 1909 Arvid Afzelius dimostrò al Congresso Nazionale Svedese di Dermatologia, e successivamente pubblicato nel 1910 (4), che intorno al punto del morso della zecca poteva svilupparsi un eritema, che progressivamente si allargava, e che chiamò Erythema Chronicum Migrans, e che la zecca incriminata era quella della pecora, cioè Ixodes ricinus. Questo eritema poteva essere attribuito o a una tossina, o a un batterio trasmesso durante il pasto dalla zecca.
Nel 1910 Karl Herxeimer e Schmidt (5) descrivono due casi di ACA in cui si osservano istologicamente quadri simil-tumorali.
Nel 1914 Benjamin von Lipschütz (6) descrive le caratteristiche dell’ECM e nel 1923 afferma che bisogna cercare il batterio nell'intestino e nella saliva delle zecche.
Nel 1920 B. von Strandberg (7) descrive l’associazione ECM con il linfocitoma.
Nel 1921 M. Jessner (8) riporta un caso di Acrodermatitis Chronica Atrophicans al braccio sn di una paziente, la cui insorgenza era stata preceduta sei mesi prima da un dolore al gomito sinistro, che divenne così doloroso da non consentirle di svolgere l'attività lavorativa. Questa è la prima associazione chiara nota di artralgia con ACA.
Nel 1922 i medici francesi Charles Garin e Antoine Bujadoux (9) descrivono l’insorgenza di una polimeningoradicoloneurite dopo tre settimane dal morso di una zecca Ixodes hexagonus e del successivo eritema migrante.
Nel 1924 Jessner e Loewenstamm (10) descrivono in 9 pazienti l’associazione dell’ACA con artrite e disturbi sensoriali; sottolineando che due di questi avevano soltanto 37 anni.
Nel 1925 Ehrmann e Falkstein (11) descrivono gli aspetti microscopici di diversi casi di ACA e osservano che ci sono elementi spirochetosici, simili a quelli della sifilide.
Nel 1929 Mulzer e Keining (12) descrivono un caso di ACA che dopo 20 anni dall’inizio della malattia cutanea sviluppa disturbi cardiaci, vertigini e linfocitomi cutanei.
Nel 1930 Sven Hellerstrøm (13) associa l’ECM al morso di zecca, descrive l’associazione tra ECM e meningite linfocitaria e segnala l’efficacia del trattamento con penicillina.
Nel 1936 H. Askani (14) presenta due casi di ECM e dalle osservazioni fatte da Hellerstrøm sull'inoculazione della saliva delle zecche ipotizza che questa contenga un agente infiammatorio termolabile (tossina?).
Nel1941 Alfred Bannwarth, neurologo tedesco, descrive 15 casi di meningite linfocitaria cronica con polimeningoradicoloneurite ed eritemi anulari multipli (15). Questa segnalazione è di particolare interesse, in quanto è oggigiorno noto che le complicanze neurologiche sono maggiormente probabili nei casi in cui dopo l’Erythema migrans si sviluppano gli eritemi anulari multipli, soprattutto negli adulti, e che queste forme cutanee sono causate più frequentemente da Borrelia garinii.
Nel 1942 Khale (16) segnala la positività per treponema pallidum in 6 pazienti su 7 con ACA.
Nel 1946 Nanna Svarts (17) e nel 1949 Thyresson (18) dimostrano l’efficacia della penicillina nell’Acrodermatitis Chronica Atrophicans.
Nel 1948 Carl Lenhoff (19) dimostra elementi spirochetosici in biopsie di ECM, utilizzando la tecnica dell’impregnazione argentica.
Nel 1951 Sven Hellerstrøm (20) tratta 14 pazienti affetti da ECM con bismuto e penicillina con guarigione rapida e nel 1958 rivede i casi di 77 pazienti con ECM guariti con penicillina.
Nel 1951 Götz & Ludwig (21) trattano 16 casi di ACA con penicillina, di cui segnalano l’efficacia.
Nel 1952 e nel 1954 T. Grüneberg (22) suggerisce l’eziologia spirochetosica dell’ACA.
Nel 1955 W. Hauser (23) identifica l’Ixodes ricinus quale vettore dell’ACA e discute le correlazioni tra ACA, ECM e linfocitoma.
Nel 1955 E. Binder, R. Doepmfer e O. Homstein (24) segnalano l’efficacia della penicillina nell’ECM, ipotizzandone l’eziologia batterica. Da allora l’ECM è interpretato come un’infezione causata da batteri trasmessi da zecche Ixodes e sensibili alla penicillina. Tuttavia, poiché in diversi casi l’ECM si accompagna a sintomi neurologici o all’encefalite, viene anche formulata una teoria virale.
Nel 1962 Robert Degos, direttore della Clinica di Dermatologia e Venereologia dell’Ospedale "Saint Louis" di Parigi (25) propone l’origine rickettsiosica dell’Erythema Chronicum Migrans e nel 1965 M. Bonjean et al. (26) ipotizzano che l’ECM sia causato da Rickettsia mooseri (R typhi), che viene trasmessa dalla pulce Xenopsylla cheopis.
Nel 1970 Rudolph Scrimenti, professore di dermatologia al Medical College del Wisconsin (27), descrive il primo caso di Erythema migrans negli Stati Uniti: trattasi di un paziente che, dopo una battuta di caccia nel Wisconsin, aveva trovato sul proprio corpo una zecca dura, successivamente aveva sviluppato un Erythema Chronicum Migrans e, in seguito, manifestazioni articolari e neurologiche. Il trattamento con penicillina portò alla rapida regressione del quadro clinico.
Nel 1974 Klaus Weber (28) riporta il caso di un paziente con ECM e meningite che viene trattato con penicillina riproponendo l’eziologia di batteri penicillino-sensibili.
Nel 1976 sempre negli Stati Uniti Mast e Burrows segnalano di aver osservato in un solo mese nel sud-est del Connecticut 4 casi di Erythema Chronicum Migrans; gli autori la definiscono una sindrome associata a mialgia, malessere, febbre, linfadenopatia e raramente a meningite (29); il trattamento con penicillina e tetracicline risulta efficace. Nello stesso anno descrivono 10 casi di Erythema Chronicum Migrans e Artrite di Lyme (30), facendo riferimento ai numerosi casi segnalati fin dall’anno precedente nello stesso Connecticut. Questi pazienti vengono trattati con penicillina, tetracicline e in alcuni casi con eritromicina, con rapida regressione delle manifestazioni cliniche.
STORIA della MALATTIA DI LYME
Tra il 1975 e il 1977 si diffonde un’epidemia di artrite infantile a Old Lyme, Lyme e East-Haddam, paesi situati sulla sponda orientale del fiume Connecticut (Connecticut - USA).
Nell’ottobre del 1975 Polly Murray e Judith Mensch, madri di due bambini del paese di Old Lyme (31) affetti da artrite giovanile, diagnosticata come morbo di Still, informano il dott. David Snydman dell’Ufficio d’igiene del Connecticut dell'anomala incidenza di casi di artrite giovanile nei tre piccoli comuni di Lyme, Old Lyme ed East Haddam.
Il dott. Snydman si reca alla Yale University e invita il dott. Allen Steere, Rheumatology Fellowship presso questa Università ed esperto in studi epidemiologici sulle malattie reumatiche, a collaborare con lui (32). I due medici si conoscevano perché avevano già lavorato insieme presso il Center of Diseases Control (CDC) di Atlanta (Georgia), e quindi organizzarono con il supporto delle due madri e del dott. Stephen Malawista, responsabile dell'Unità di Reumatologia della Yale, un sistema di sorveglianza delle forme di artrite nei tre paesi contigui sulla sponda est del fiume Connecticut: Old Lyme, Lyme ed East Haddam, con una popolazione complessiva di 12.000 abitanti.
Trovarono 51 persone, 39 ragazzi e 12 adulti, affette da questa forma di artrite, caratterizzata da episodi di artralgie ricorrenti migranti e di breve durata, che colpivano una o poche grandi articolazioni; sintomatologia che durava da più di un anno.
Il dato epidemiologico mostrava un'incidenza di 4,3 casi per 1.000 abitanti; se si considerava soltanto i ragazzi l'incidenza era del 12,2 per 1.000, con una frequenza che era di almeno 100 volte maggiore di quanto non avvenga normalmente per l'artrite reumatoide giovanile, malattia di Still (JRA).
L'inizio dell'artrite di questi 51 pazienti era avvenuto tra luglio 1972 e maggio 1976.
La maggioranza di essi viveva nelle aree boschive, dove 1 bambino su 10 presentava questi sintomi.
Nell'estate del 1976 si osservarono dei pazienti con un eritema che si allargava, con le caratteristiche dell'Eritema Chronicum Migrans (ECM), già conosciuto in Europa, descritto nel 1909 dallo svedese Arvid Afzelius; molti di essi svilupparono in seguito l'artrite, alcuni disturbi neurologici o cardiaci. Quindi si trattava di una malattia complessa e da allora è stata identificata come una nuova entità clinica: Artrite di Lyme (33).
Il termine di Malattia di Lyme viene utilizzato da Reik e Steere nel 1979, per un paziente in cui l’Artrite di Lyme si associava a manifestazioni neurologiche (34).
Nel 1977 Andrew J. Main, Robert C. Wallis e Robert E. Shope (31) iniziano un’indagine epidemiologica per identificarne il vettore. Nove di 43 pazienti con ECM riferiscono di essere stati morsi da una zecca.
Nel 1979 Steere et al. segnalano 10 pazienti con Artrite di Lyme che hanno sviluppato una forma cronica. Gli studiosi indicano inoltre i criteri da seguire per distinguere l’artrite cronica di Lyme dall’artrite reumatoide: preesistenza di un erythema migrans, attacchi artritici ricorrenti migranti di breve durata nelle fasi iniziali della malattia, assenza del fattore reumatoide. (35)
Dal 1976 al 1979 negli USA sono stati segnalati altri 512 casi di Lyme sia sulla costa orientale dove il vettore è Ixodes dammini seu scapularis, ma anche in altre aree degli USA: Wisconsin, California e Oregon, dove il vettore è Ixodes pacificus (36).
Ma quale era l'agente infettante? inizialmente si pensava ad un virus, ma la rapida risposta alla penicillina ha fatto sospettare che si tratti di un batterio e più probabilmente di una Spirocheta.
Nel 1982 Willy Burgdorfer (37), uno svizzero trasferitosi da poco presso il Rocky Mountain Laboratories di Hamilton nel Montana (Department of Healt and Human Service, National Institute of Health, National Institute of Allergy and Infectious Diseases, Laboratory of Pathobiology), seziona delle zecche Ixodes scapularis, raccolte per errore a Long Island. In realtà egli cercava la zecca che trasmette la febbre delle Montagne Rocciose, causata da Rickettsia rickettsiae. Nell’intestino di Ixodes scapularis trova numerose spirochete. Va quindi a verificare nella banca dati del CDC i casi segnalati da Steere e ne ipotizza il ruolo nell’Artrite di Lyme (in suo onore verrà chiamata Borrelia burgdorferi).
La localizzazione degli ECM fa pensare al morso di una zecca; in Europa l’ECM viene trasmesso da una zecca, l'Ixodes ricinus. Nel 1985 Andrew Spielman della Harvard School of Public Health (38) identifica come vettore della malattia una zecca dura, l’Ixodes dammini, che in realtà era già noto come Ixodes scapularis.
Willy Burgdorfer confronta le spirochete riscontrate nelle zecche Ixodes dammini seu scapularis con quelle che Aeschlimann dell’Università di Neuchatel in Svizzera aveva individuato in campioni di ninfe di Ixodes ricinus, raccolte nella foresta di Seewald nel Plateau svizzero. Su 381 campioni esaminati, 129 (29%) erano infetti da spirochete. Morfologicamente le spirochete di Ixodes ricinus apparivano indistinguibili da quelle di Ixodes dammini seu scapularis e vi erano anche delle similitudini antigeniche all’Immunofluorescenza e al Western Blot nei sieri dei pazienti americani e svizzeri (39).
Successivamente Burgdorfer rivolge la sua attenzione verso la costa ovest degli Stati Uniti per vedere se anche le zecche di quell’area (Ixides pacificus) sono vettori di spirochete. Con l’aiuto del dott. Robert Lane dell’Università della California a Berkeley e del dott. Robert Gresbrink dell’Health Department dell’Oregon (40) raccolgono ed esaminano 1687 zecche adulte, di cui 715 dalla zona sud-ovest dell’Oregon e 972 dal centro-nord della California. Rispettivamente 14 (1,9%) e 11 (1,1%) di queste zecche contenevano delle spirochete morfologicamente simili a quelle riscontrate in Ixodes dammini seu scapularis e Ixodes ricinus. Di queste 25 zecche infette, 17 mostravano la presenza delle spirochete soltanto nell’intestino medio e 7 presentavano un’infezione generalizzata. Willi Burgdorfer ha scritto: "La scoperta della spirocheta della malattia di Lyme è stata salutata come un'importante svolta di questa complessa malattia e dei suoi disturbi correlati." L'identificazione di queste spirochete e la loro coltivazione hanno portato al rapido avanzamento delle indagini cliniche, epidemiologiche, ecologiche e batteriologiche negli Stati Uniti e in Europa.
La COLTURA di Borrelia e la sua STORIA
Negli anni 1983-1985 Alan Barbour, che lavora con Willy Burgdorfer nella Arthropode-Borne Disease Section del Rocky Mountain Laboratories di Hamilton nel Montana, riesce a coltivare la Borrelia burgdorferi, ceppo B31 (41-42). Nel 1985 la Borrelia della Malattia di Lyme viene isolata dalla cute di un Erythema Chronicum Migrans (43).
La storia per l’isolamento e la coltivazione delle spirochete è lunga e inizia nel 1868 a Berlino, allorché Otto Obermeier scopre le spirochete nel sangue di pazienti con Relapsing Fever, trasmessa dal pidocchio. E nel 1987 Motschutkoffsky dimostra che la Relapsing Fever è trasmissibile tramite queste spirochete (44). Dutton (45) dimostra che quelle spirochete potevano infettare le scimmie ed altri più piccoli animali di laboratorio (Borrelia duttoni). Novy e Knapp (46) dimostrano che le Borrelie non sono obbligatoriamente intracellulari. Negli anni 1920-30 sono formulati dei terreni di coltura che danno dei risultati soltanto in mani esperte (“Borreliologisti”). La formulazione di questi brodi di coltura conteneva cervelli freschi di mucca o di coniglio che venivano prima sterilizzati in autoclave e poi aggiunti al siero animale; la seconda ricetta comprendeva i costituenti dell'uovo di pollo in combinazione con siero di coniglio e glucosio. Questi terreni sono risultati efficaci in ambedue queste formulazioni. Nel 1939 A. Chabaud e RK Oag (47-48) hanno coltivato le spirochete nell’embrione di pollo.
Nel 1971 Richard Kelly riesce per primo a coltivare e far crescere le spirochete in un medium artificiale (49), inserendo nel terreno la N-acetilglucosammina, che è un componente fondamentale della chitina, costituente strutturale delle zecche e un componente essenziale del peptoglicano, il quale costituisce uno strato della parete cellulare delle spirochete, rendendole rigide.
Tre anni dopo Herbert Stoenner (50) nell’isolamento di Borrelia hermsii nota che nell'inoculo sono necessarie diverse centinaia di Borrelie per isolare le spirochete dal plasma animale. Dopo diversi passaggi, si potevano ottenere dei ceppi "adattati". Una cellula di un ceppo "adattato" era sufficiente per iniziare una coltura. Questa scoperta indica che ci sono varianti di Borrelie che meglio si adattano in un tubo di coltura, e queste varianti possono tuttavia perdere proprietà di virulenza. Nel 1982 Stoenner "fortifica" la prima formulazione del terreno di Kelly (Terreno SK) aggiungendo una preparazione composta da lieviti e una miscela di colture tissutali concentrate contenente amminoacidi, vitamine, nucleotidi e altri fattori di crescita (51). Queste integrazioni al terreno hanno consentito la crescita di colture da un solo organismo in un inoculo di sangue animale.
Nel 1982 Willy Burgdorfer e Alan Barbour integrano ulteriormente il terreno di Stoenner-Kelly per coltivare Borrelia burgdorferi da Ixodes dammini seu scapularis (52) e successivamente da pazienti umani affetti da Malattia di Lyme (53), migliorando il potere tampone del brodo di coltura e semplificandone la preparazione (Terreno Barbour- Stönner-Kelly = BSK). Ulteriori modifiche del terreno BSK sono state apportate in seguito con l'aggiunta di kanamicina e 5-fluorouracile e l’aggiunta di basse concentrazioni di agarosio per l'isolamento da tessuti animali. Migliorie sono state implementate da Russel C. Johnson, professore emerito presso il Department of Microbiology and Immunology dell’Università di Wisconsin-Madison (54), e da Bernard W. Berger, del Department of Dermatology, New York University School of Medicine (55).
Nel 1986 Eva Åsbrink in una casistica di 50 pazienti affetti da Acrodermatitis Chronica Atrophicans osserva che 6 di loro presentavano lesioni riferibili a lichen sclerosus et atrophicus oppure a sclerodermia localizzata (56).
Nel 1988 Alan B. MacDonald (57-58) dimostra la presenza nella corteccia del lobo frontale di un paziente con Alzheimer di forme cistiche di spirochete. Messo il tessuto in coltura in BSK si sono sviluppate Borrelie burgdorferi.
Nel 1992 presso l’Istituto Louis Pasteur è effettuato l'isolamento di nuove specie di Borrelia di Lyme da parte di G. Baranton, Marc Victor Assous e Isabelle Saint Girons (59-60), che polemicamente vengono identificate come:
Borrelia afzelii (gruppo VS461) in onore di Arvid Afzelius (che descrisse per primo l’ECM)
Borrelia garinii in onore di Charles Garin, medico francese che per primo descrisse l’associazione dell’ECM con manifestazioni neurologiche: la polimeningoradicoloneurite di Garin-Bujadoux-Bannwarth.
Nel 1994 Giusto Trevisan e D. H. E. Rees, Academic Rheumatology Group, Division of Immunology, St George's Hospital Medical School, University of London, e Giuseppe Stinco (61) della Clinica Dermatologica dell’Università di Udine, segnalano la possibile correlazione dell’infezione borreliosica con diverse manifestazioni atrofosclerodermiche localizzate, specificandone i criteri diagnostici.
Nel 1996 Elisabeth Aberer (62) in biopsie di ECM identifica tramite l’anticorpo monoclonale per la flagellina H9724 forme atipiche di Borrelia interpretabili come varianti di Borrelia burgdorferi sl e nello stesso anno Giusto Trevisan et al. (63) hanno effettuato la ricerca della Borrelia nel tessuto coinvolto in 10 pazienti con morfea, e 5 di questi sono risultati positivi. La morfea (sclerodermia localizzata), quando correlata alla Lyme, è causata da Borrelia afzelii nella maggior parte dei casi, la quale è presente in Europa ed Asia ma non nelle Americhe; questo spiega perché la morfea correlata al Lyme non è segnalata negli Stati Uniti, così come l’Acrodermatitis Chronica Atrophicans.
Nel 1997 Giusto Trevisan, Giuseppe Stinco e Marina Cinco isolano in cultura (BSK) la Borrelia dalla cute di un neonato (Lyme congenita) che presentava eritemi anulari multipli diffusi su tutto il corpo (64).
Nel 1997 B. Kütting e Lorenzo Cerroni segnalano la correlazione Lyme e linfoma cutaneo B marginale-zone (65), e la risposta al trattamento con cefotaxime e iniezioni intralesionali di interferone alfa-2a.
Nel 1997 Brorson O. e Brorson SH (66) dimostrano la trasformazione delle forme cistiche di Borrelia burgdorferi sl in spirochete mobili normali. "Le cisti osservate in questo studio sembrano assomigliare alle forme spheroplastiche-L osservate da altri ricercatori. L'attività biologica delle forme cistiche viene documentata dallo sviluppo graduale nel terreno di cultura BSK di queste forme cistiche in spirochete mobili normali. È probabile che fenomeni simili possano verificarsi in vivo in condizioni sfavorevoli per la spirochete. Essi inoltre dimostrano l’efficacia del metronidazolo sulle forme cistiche (67). Queste osservazioni possono spiegare perché la diagnosi e il trattamento delle infezioni da B. burgdorferi sl nell'uomo possono essere difficili.
Nel 2000 PS Alban del Biology Department, Virginia Technology (68) conferma l’ipotesi di Brorson secondo cui Borrelia burgdorferi sl in condizioni sfavorevoli può trasformarsi in forme cistiche. In particolare dimostrano che le Borrelie della Malattia di Lyme, pur possedendo un piccolo genoma e capacità biosintetiche estremamente limitate, rispondono rapidamente alle condizioni avverse nel siero, inducendo cambiamenti nella sintesi proteica e nella morfologia cellulare. Questo studio spiega come B. burgdorferi può sopravvivere per lunghi periodi anche in situazioni critiche nei tessuti ospiti.
Nel 2001 Gruntar e Marina Cinco (69) studiano le forme cistiche e documentano la loro capacità di riconvertirsi in spirochete mobili in vivo; la loro resistenza alle condizioni avverse fa riflettere sul ruolo e sulla funzione di queste forme nella Malattia di Lyme.
Nel 2008 Giusto Trevisan et al. (70) isolano in cultura BSK la Borrelia afzelii dalla cute coinvolta di una paziente con una forma diffusa al tronco di anetodermia, confermando l’ipotesi che Borrelia afzelii possa essere responsabile in alcuni casi di altre forme atrofosclerodermiche, oltre all’Acrodermatitis Cronica Atrophicans. Nel caso segnalato di anetodermia, il trattamento con penicillina G (20.000.000 UI/die per 14 giorni, seguito da un ciclo di fototerapia con UVA-1) ha portato ad un significativo miglioramento del quadro clinico.
Nel 2010 Natalino Hajime Yoshinari e D. Baggio (71-72) descrivono una particolare forma di Malattia di Lyme, la Sindrome di Baggio-Yoshinari (BYS). Questa forma presenta i seguenti caratteri distintivi rispetto a quella classica: essa viene trasmessa nell’area amazzonica da Amblyomma cajannense o Rhipicefalus sp, una zecca dura che non appartiene a Ixodes complex. L'assenza di zecche Ixodes ricinus nelle aree a rischio di BYS in Brasile è probabilmente la ragione più importante e la Borrelia presenta differenze genotipiche e fenotipiche rispetto a quelle osservate negli Stati Uniti, in Europa e in Asia. La biodiversità e il clima sono probabilmente elementi che favoriscono la formazione di queste borrelie atipiche, le quali non sono state ancora coltivate o isolate: esse presentano bassa reattività sierologica contro antigeni di B. burgdorferi sensu lato. Clinicamente la prima manifestazione è spesso l’Erythema migrans come nelle forme classiche di Borreliosi di Lyme. La BYS si distingue dalla BL per la prolungata evoluzione clinica, con alta frequenza di ricadute e la comparsa di manifestazioni autoimmuni. Sintomi molto comuni oltre all’Erythema Chronicum Migrans sono la cefalea e l’Erythema nodosum (un terzo dei casi). È importante perseguire una diagnosi precoce perché i sintomi rispondono bene agli antibiotici nelle forme trattate precocemente; le forme resistenti al trattamento possono evolvere in una fase cronica con sequele articolari e neurologiche.
Nel 2011 Eva Sapi, professore e direttore del Biology and Environmental Science Department, Lyme Disease Program (73) descrive nuovi metodi di determinazione della vitalità microscopica per valutare tre forme pleomorfiche di B. burgdorferi (spirochete, corpi rotondi e colonie simili a biofilm). Relativamente al trattamento, la doxiciclina è efficace sulle forme spirochetosi nel 90% dei casi, ma aumenta il numero di forme rotonde. L'amoxicillina riduce pure le spirochete del 90% e le forme rotonde del 68%, mentre il metronidazolo è attivo sul 90% delle spirochete e sull'80% delle forme rotonde. La tigeciclina e il tinidazolo hanno ridotto sia le forme spirochetali che quelle rotonde dell'80%-90%.
Eva Sapi (74) ha effettuato anche degli studi specifici sui Biofilm nel borrelial lymphocytoma.
In Italia studi sui Biofilm vengono effettuati da Enea Gino Di Domenico e Ilaria Cavallo presso il San Gallicano di Roma (75).
Nel 2017 Marie Vancová (76) ha studiato la formazione dei corpi rotondi e la presenza di “blebs” in spirochete esposte al mezzo di coltura, con Crio-Fluorescenza e Crio-SEM.
STORIA in ITALIA della MALATTIA di LYME
ll primo caso in Italia di Malattia di Lyme è stato segnalato da Franco Crovato, direttore del Reparto di Dermatologia dell’Ospedale di Chiavari, in una contadina del retroterra ligure (77). Essa presentava un Erythema Chronicum Migrans di tipo erisipeloide alla coscia dx.
Il secondo caso italiano è stato segnalato in una ragazza goriziana da Giusto Trevisan della Clinica Dermatologica di Trieste (78). La paziente aveva avuto un Erythema Migrans e al momento della visita presentava un’artrite migrante con episodi mono od oligoarticolari, accompagnati da eruzioni di elementi orticarioidi, spesso in prossimità dell’articolazione coinvolta.
I primi test in Italia per la Borreliosi di Lyme sono stati effettuati con la tecnica dell’Immunofluorescenza indiretta da Donato Fumarola, Direttore della Microbiologia Medica dell’Università di Bari (79).
I primi dati epidemiologici italiani sulla Borreliosi di Lyme sono stati presentati nel 1985 al “Second International Symposium on Lyme Disease and Related Disorders” tenuto a Vienna dal 17 al 19 settembre 1985. I Proceedings sono stati editi da Gerold Stanek e Heinz Flamm nel 1977 (80).
Il 25 maggio 1988 è stato pubblicato il primo libro in italiano sulla Borreliosi di Lyme, coordinato da Giusto Trevisan (81).
Nel 1989 è stato effettuato il primo isolamento di Borrelia a Trieste da Ixodes ricinus (82). La Borrelia identificata è stata denominata Ceppo BITS (=Borrelia Italia Trieste). Nella Foto 2 BITS fotografata in Danimarca al microscopio elettronico.
Nel 1990 vengono descritti in Italia 32 pazienti affetti da Artrite di Lyme (83).
Nel 1992 vi è il primo isolamento in Italia (a Trieste) dalla cute affetta di un Erythema Chronicum Migrans - Ceppo Nancy, localizzato alla gamba di una ragazza (84).
Nel 1992 sempre a Trieste viene isolata Borrelia garinii da una lesione roseolica della Malattia di Lyme (85).
Nel 1993 avviene l'isolamento a Trieste di Borrelia burgdorferi dal miocardio (86). Trattasi di una giovane paziente che aveva manifestato improvvisamente uno scompenso cardiaco, clinicamente e strumentalmente difficilmente interpretabile. Sono state effettuate biopsie del miocardio per l’esame istologico e un paio di frammenti sono stati inseriti in BSK, con sviluppo di Borrelia burgdorferi. La paziente era stata casualmente visitata da Giusto Trevisan per la lettura dei test epicutanei, applicati quattro giorni prima. Dopo un consulto con Fulvio Camerini, Direttore della Cardiologia, e Marina Cinco, Microbiologa responsabile del Centro Leptospirosi, si decide di effettuare la cultura di un frammento bioptico del miocardio in BSK, che dà esito positivo. La paziente è stata trattata con penicillina G 20.000.000 UI/die iv per due settimane, con risoluzione del quadro.
Con la Deliberazione n° 1956/1993, adottata nella seduta del 22 aprile 1993, la Giunta Regionale ha riconosciuto la Clinica Dermatologica dell’Università degli Studi di Trieste quale «Centro Regionale di Riferimento per la Malattia di Lyme».
Nel 1994 vi è la segnalazione del primo caso in Italia di una reazione di Jarisch-Herxeimer, indotta dal trattamento antibiotico (87). Un ragazzo con Erythema Migrans al volto aveva avuto dopo l’assunzione dell’antibiotico comparsa di febbre ed elementi anulari al tronco, sintomi che erano regrediti in un paio di giorni con la continuazione della terapia.
Nel 1996 viene segnalato il primo caso in un bambino (Trieste-Milano) affetto da Acrodermatitis Chronica Atrophicans di Pick-Herxeimer ((88).
Nel 1997 avviene l'isolamento in coltura (BSK) di Borrelia burgdorferi dalla cute di un neonato (89) con eritemi anulari multipli al tronco e agli arti (Foto 4).
Nota del Ministero della Sanità n° 1400.2/26.N/2445 del 9 aprile 1997, adottata nella seduta del 26 febbraio 1997: "… È opportuno riferire i casi dubbi di Malattia di Lyme a «Centri di riferimento sovraregionali» che abbiano acquisito particolari esperienze nel campo, quali l’Istituto di Clinica Dermatologica dell’Università di Trieste …".
Nel 1999 è effettuato il primo isolamento in Italia (a Trieste) da Acrodermatitis Chronica Atrophicans (Foto 5) di Borrelia afzelii (Giusto Trevisan, Marina Cinco).
Nel 2016 viene segnalato il caso di un paziente con linfoma cutaneo Marginal-Zone in paziente con sierologia positiva per Borrelia e coinfezione da Anaplasma phagocytophilum. La Borrelia viene altresì identificata nel tessuto di un elemento linfomatoso in RT-PCR, effettuata con Primers di DNA, che codificano per OspA, p66 e p41 della Borrelia (90). I pazienti hanno risposto in maniera completa alla terapia con doxiciclina, seguita da trattamento dei noduli cutanei con elettrochemioterapia. La remissione è proseguita per due anni.
Giusto Trevisan, Serena Bonin, Valentina Perkan, Katiuscia Nan, Sara Giordana Rimoldi*, Eleonora De Faveri, Enea Gino di Domenico, Ilaria Cavallo, Nicola di Meo, Sara Trevisini, Cecilia Noal, Iris Zalaudek
Istituto di Clinica Dermatologica dell’Università degli Studi di Trieste
Diagnostica Infezioni Batteriche e Nosocomiali, UOC Microbiologia Clinica, Sacco Milano.
*Veterinaria Milano
Patologia Clinica e Microbiologia Istituto San Gallicano, IRCCS IFO, Roma
Il Dermatologo. 2018 Mar; 40(1): 5-10.
Associazione Lyme Italia e coinfezioni:
è un'organizzazione di Volontariato, Ente del Terzo Settore, costituita a Milano con atto notarile nel dicembre 2015, iscritta al Registro Unico Nazionale del Terzo Settore N. di Rep. 53963/2022.
Informazioni mediche
Tutte le informazioni riportate nel sito non sostituiscono in alcun modo il giudizio di un medico specialista l'unico autorizzato ad effettuare una consulenza e ad esprimere un parere medico.
Le nostre foto
Le foto presenti nel sito web associazionelymeitalia.org
sono di proprietà di Associazione Lyme Italia e Coinfezioni o concesse in licenza 123rf.com / licenza pixaby
Copyright © 2020 Associazione Lyme Italia e coinfezioni
all rights reserved
Codice fiscale 94632980150
Sede legale:
Via Porta Lodi, 2 20900 Monza